Consiglio Regionale del Piemonte

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Foto del comunicato stampa “Dobbiamo salvare la Sanità pubblica. Se non realizzeremo i risparmi programmati, se non passa questo piano, non avremo i soldi per pagare gli stipendi nel 2015”. L’assessore alla Sanità Antonio Saitta è così intervenuto in Consiglio regionale, nella seduta del 25 novembre, per esporre il piano di adeguamento della rete ospedaliera alle norme nazionali.
“C’è un piano di rientro da rispettare, questo è un tassello del salvataggio della Sanità pubblica del nostro Paese”, ha ribadito. Oggi la situazione “è molto difficile, c’è stata una crescita senza criterio che io denunciavo dai banchi dell’opposizione, ora mi tocca gestire questi problemi, creati da errori commessi quando c’erano tante risorse, sprecando denaro”.
“A un certo punto – ha continuato Saitta – ci siamo trovati con 140 primariati in più. Ora tutto costa e dobbiamo gestirlo. Di questa situazione non si è fatto carico il centrodestra, non si è fatto carico il centrosinistra, è inutile dare la colpa soltanto agli avversari. È prevalso l’interesse di grandi gruppi privati, di lobby: il sistema non è stato governato dalla politica”.
Alle critiche di chi trova la riforma molto simile a quella dell’ex assessore Paolo Monferino e quindi della Giunta di Roberto Cota, Saitta ha risposto: “Ci sono dei numeri che vanno rispettati e non è questione di colore politico. Ma la nostra riforma non riprende completamente le politiche precedenti, c’è il tema della riorganizzazione ospedaliera, per aumentare la continuità assistenziale con1.333 posti letto in più. Per noi il rapporto con i privati non è semplice registrazione delle richieste: non sempre i privati fanno ciò che è necessario per il settore pubblico”.
L’assessore ha sottolineato che “i dati in nostro possesso dicono che la produzione sanitaria reparto per reparto è bassissima. Bisogna ridurre i primariati, aumentando la produzione con reparti più forti e alla fine il vantaggio sarà soprattutto per i malati, oltre che per le casse regionali”
“Più assistenza domiciliare, più assistenza territoriale, meno primariati, meno ospedalizzazione, dobbiamo arrivare a questo. Se dovessi accogliere tutte le richieste che ho avuto, allora non potremmo fare nulla e tutto dovrebbe restare come è. Ripeto comunque che nessun ospedale sarà chiuso. L’obiettivo è di dare più salute e più sicurezza, cambiando un sistema che rispondeva a logiche di tanti interessi, non di salute”.
È quindi intervenuto Gianluca Vignale (Fi), che ha fatto notare come “già l’assessore Valpreda, che stimavo, parlava una riorganizzazione interna necessaria, che riducesse i primariati. Sennonché Valpreda non ha più fatto l’assessore e quindi il centrosinistra ha nominato 184 nuovi responsabili di struttura complessa. Negli ultimi quattro anni, il centrodestra ne ha nominati praticamente zero, tanto che il consigliere Boeti chiedeva nuovi primariati”. Secondo Vignale, in tema di comunicazione delle decisioni al Consiglio, “c’è stata un’estrema scorrettezza istituzionale che lei e la Giunta avete avuto. Noi abbiamo avuto copia della delibera solo quando lei era già a Roma a discuterla”. “Non crediate – ha detto il consigliere - che la comunicazione di oggi saldi una frattura istituzionale che avete creato”.
È quindi intervenuto Paolo Allemano (Pd), che ha espresso il proprio apprezzamento e la stima per il lavoro svolto dall’assessore. È necessario il controllo pubblico e politico di una partita che vale 8 miliardi l’anno. Non possiamo lasciarla in mano ai privati, perché sennò diventerebbero 12 miliardi presto”. Massimo Berutti (Fi), ha aggiunto che “la giunta Cota ha ereditato il disastro di quella Bresso e ha tentato di risolvere i problemi. Il lavoro di ristrutturazione è stato fatto, con tensioni e problemi, ma è stato quantomeno avviato”.
Nino Boeti (Pd), ha detto che la Giunta Cota “ha realizzato solo fallimenti, dall’Aress al continuo cambio di direttori alla città della Salute”. Davide Bono (M5s), ha ricordato che “in Commissione abbiamo chiesto più volte un confronto e informazioni, senza ottenerli. Potremmo fare delle interrogazioni urgenti in aula, per sapere qualcosa, forse. Ci vuole una seduta di Commissione Sanità. Se volete interventi più precisi e meno strumentali, ci dovete dare informazioni. Comunque, da quel che si capisce dalle tabelle che abbiamo visto velocemente, sembra intendiate eliminare 2.238 posti letto: non potete sostenere che dall'oggi al domani, tutti questi non servono più”. È poi intervenuta Stefania Batzella, che ha posto l’accento sulle difficoltà dell’ostetricia in Val di Susa e “sul calo di nascite in loco, causato da una politica del terrore praticata dai dirigenti ospedalieri”.
Angela Motta (Pd), ha quindi criticato “per come è stata comunicata la delibera al Consiglio. Alla fine è stata pubblicata in anteprima su un sito Internet e gli operatori del settore l’hanno letta e interpretata prima di noi, traendo anche alcune conclusioni non corrette”.
Diego Sozzani, di Forza Italia, ha aggiunto che “Le riduzioni annunciate dall’assessore, dovrebbero avere come contraltare un potenziamento della medicina del territorio. Manca poi una politica dell’edilizia sanitaria. Dopo 25 anni, secondo i canoni internazionali, un ospedale andrebbe rinnovato mentre l’età media dei nostri ospedali è di 65/70 anni”.
“Non ho capito la linea dell’assessore – ha detto Claudia Porchietto (Fi) – ora vuole tagliare, ma quando era presidente della Provincia, lottava per il mantenimento delle strutture sul suo territorio. Piuttosto non ci dia lezioni di politica che poi è difficile sostenere”.
È stata quindi la volta di Giorgio Bertola (M5s), che ha affermato: “Parliamo della revisione della rete ospedaliera perché tocca i servizi ai cittadini causando tensioni anche all’interno della maggioranza. Si parla degli stessi presidi che prima di essere maggioranza, molti del centrosinistra difendevano. Ora paghiamo la vostra incapacità gestionale negli ultimi vent’anni”.
Andrea Appiano ha quindi dato “convinto sostegno alla profonda riorganizzazione della sanità piemontese”, ma ha ricordato che “i posti letto non potranno essere ridotti fino a che non ci saranno posti in continuità assistenziale”. Quindi Gianpaolo Andrissi (M5s) ha parlato di “incoerenza dei numeri presentati”, mentre Valter Ottria (Pd) si è detto d’accordo con “l’ambizione di Saitta di migliorare l’offerta sanitaria e per questo ci vuole saggezza. Non rischiamo di dimenticare alcuni cittadini, soprattutto quelli delle zone marginali dove i numeri non garantiscono i parametri di riferimento”. C’è poi stato l’intervento di Mauro Campo (M5s), che considera la delibera “un castello di carte che non sta in piedi, è solo una sequenza di cifre. Dal patto della salute si prende solo un pezzo, altre parti come la revisione del prontuario o la digitalizzazione sono in ritardo. Un documento ridicolo che non passerebbe un esame all’università di sistemi. Non potete prevedere un tubo di quello che accadrà alla sanità: mancano i dati di ingresso, lo storico”,
Gianna Gancia (Lega), ha ricordato “il caso della società Amos, con sede nella provincia di Cuneo, un’anomalia piemontese, un buon ritiro per ex politici”. E Marco Grimaldi (Sel), ha detto di essere d’accordo a superare il mono-ospedale per le eccellenze, come l’Oftalmico. Non mettiamo a rischio alcun cittadino con le razionalizzazioni”.
Alfredo Monaco ha dato atto a “Saitta di avere coraggio: si è assunto la responsabilità di subire il tavolo Massicci e il piano di rientro. E lo ha fatto andando oltre, parlando di programmazione”.
L’assessore Saitta ha quindi concluso il dibattito con la replica, ricordando che “la delibera ha un grande significato, ma è un quadro di riferimento che può essere migliorato. Abbiamo due o tre anni per dare attuazione e terremo conto dei suggerimenti”.
gmonaco