Gentili iscritte ed iscritti al Servizio di Newsletter del Difensore civico,
questo Ufficio ha avuto modo di svolgere un approfondimento sul tema dei contenuti dei colloqui informativi delle campagne di informazione e persuasione della cittadinanza in favore dell’adempimento degli obblighi vaccinali.
L’approfondimento dell’Ufficio si è, peraltro, doverosamente indirizzato alla disamina delle complesse questioni, scientifiche, etiche e giuridiche, sottese alla filosofia “impositiva” reintrodotta dalla Legge 119/ 2017, volta a contrastare il progressivo calo delle coperture vaccinali nel nostro Paese giunte sotto le soglie standard individuate dalla comunità scientifica internazionale come indispensabili per garantire la c.d. “immunità di gregge”.
Tale diminuzione di copertura appare essere, del tutto verosimilmente, conseguenza del diffondersi di dubbi sull’utilità e di timori sulla pericolosità delle vaccinazioni che sviluppatisi nei social media (in primis su Facebook), hanno sollecitato un dibattito anche nei tradizionali mezzi di comunicazione, sino a diventare argomento rilevante anche nella recente campagna elettorale[1].
Eppure: “I vaccini possono essere annoverati tra le grandi conquiste mediche e scientifiche dell'epoca moderna. Hanno infatti debellato il vaiolo e consentono di prevenire molte altre malattie, come la poliomielite, la difterite ed il tetano, che in precedenza uccidevano o menomavano milioni di persone ogni anno. Sono anche efficaci contro diverse infezioni degli animali domestici, alcune delle quali trasmissibili all'uomo. Hanno un valore terapeutico, oltre che preventivo, in alcune malattie a lento decorso, come la rabbia e la tubercolosi. Aprono ulteriori ed affascinanti prospettive, via via che migliora la conoscenza del sistema immunitario, al trattamento sia di infezioni tuttora diffuse, come la malaria e l'AIDS, sia di altre patologie, inclusa quella tumorale. Appartengono ai farmaci naturali, quelli cioè che agiscono rispettando e valorizzando le capacità fisiologiche dell'organismo.
Infine, sono contraddistinti da un rapporto eccezionalmente favorevole tra costi e vantaggi, tra rischi e benefici.” [2]
Ciò nonostante nei convincimenti dell’opinione pubblica i vaccini non raramente sono stati accompagnati da sfiducia e scetticismo[3] giungendosi persino ad un clamoroso, quanto infondato, accostamento causale tra la vaccinazione trivalente (morbillo, parotite e rosolia) e l’autismo[4].
Rammenta ancora il Comitato Nazionale di Bioetica che “Una caratteristica peculiare dei vaccini è di avere un elevato valore sociale, in quanto oltre a proteggere la persona vaccinata riducono il rischio di contagio a carico della restante popolazione. Pur tenendo conto dell'obiettiva difficoltà di stabilire una chiara delimitazione tra diritti individuali e diritti collettivi, si ritiene che lo Stato abbia non solo il diritto ma anche il dovere di promuovere le vaccinazioni considerate essenziali dalla comunità scientifica internazionale non solo attraverso campagne di informazione ed educazione sanitaria, ma anche, se necessario, con altre modalità più incisive. Alcuni paesi adottano misure coercitive indirette, consistenti nell'obbligatorietà di esibire il certificato di vaccinazione al momento dell'iscrizione all'asilo nido o alla scuola elementare. Altri propendono per un atteggiamento più articolato, considerando il rifiuto alla vaccinazione illecito, ma non perseguibile penalmente. Altri ancora ritengono che questa pratica vada imposta esplicitamente, a livello sia della popolazione infantile sia di alcune categorie professionali, pur ammettendo la possibilità di deroghe giustificate da motivi validi. Ciascuna di queste soluzioni può essere ugualmente accettabile, purché raggiunga lo scopo, rappresentato da una protezione vaccinale sufficientemente estesa da proteggere sia i singoli soggetti sia l'intera popolazione da rischi significativi di contagio. “
In Italia fino alla prima metà degli anni ’90 era previsto il regime della obbligatorietà per alcune vaccinazioni (antipolio, antitetano, antidifterite, cui successivamente si aggiunsero l’antipertosse e l’antiepatite B). La garanzia di effettività della previsione era affidata per un verso ad un trattamento sanzionatorio nei confronti degli inadempienti, per altro verso alla deterrenza. Le condotte di omessa vaccinazione erano infatti previste come reato (poi trasformato in illecito amministrativo dalla Legge 689/81) ed inoltre i bambini non vaccinati non potevano accedere alla scuola dell’obbligo.
Le nuove misure di profilassi elaborate negli anni ’90 contro morbillo, rosolia, parotite, varicella non furono invece imposte per legge ma raccomandate ed incentivate con campagne informative oltre che con la somministrazione gratuita.
Con il DPR 355 del 1999 fu però eliminato l’onere di dimostrare l’avvenuta vaccinazione ai fini dell’ammissione scolastica anche per le quattro vaccinazioni tradizionalmente imposte, così rinunciandosi al principale strumento di coazione previsto dalla legge. Successivamente, in alcune Regioni, fu poi prevista la sospensione a tempo indeterminato delle sanzioni amministrative irrogate con riferimento alle condotte di omessa vaccinazione dei figli: ciò ritenendo il binomio raccomandazione-convincimento ugualmente idoneo a garantire i livelli di copertura vaccinale.
Così non è stato ed anzi, come già si prima riferito, l’allarme degli scienziati ha imposto una presa d’atto prima al Governo e poi al Parlamento: “. . . la diminuzione della copertura vaccinale ha determinato un sensibile aumento dei casi di morbillo in tutto il mondo. Nel 2014 in Italia sono stati segnalati ben 1.686 casi, ovvero il numero più alto in Europa. La stessa OMS ha esplicitamente richiamato il nostro Paese a prendere provvedimenti al riguardo… Il CNB prende atto di questi dati e rimarca la propria viva preoccupazione per la tendenza sempre più diffusa in Italia a dilazionare o addirittura rifiutare la somministrazione delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate dalle Autorità sanitarie e universalmente riconosciute come efficaci… Va ricordato ed evidenziato che per ragioni di comprovata sicurezza ed efficacia i vaccini sono annoverati tra le misure cui attribuire priorità nella pianificazione degli interventi di copertura sanitaria della popolazione. La circostanza che essi siano destinati per lo più ai bambini introduce inoltre un importante fattore di equità poiché consente la protezione di una categoria di soggetti vulnerabili. Del resto le vaccinazioni prescritte rientrano nella responsabilità genitoriale secondo il criterio dell’interesse superiore del fanciullo e del suo diritto ad essere vaccinato. Conseguenza del rifiuto è un aumento del rischio dei bambini a frequentare molteplici ambienti (ospedale, scuola, palestra, piscina, ambienti ludici pubblici e privati, ecc.) che diventano rischiosi proprio a causa del rifiuto. Soprattutto vengono messi in serio pericolo i soggetti più vulnerabili che per ragioni mediche non possono vaccinarsi ...“
Con la Legge 119/2017 si è dunque reso necessario tornare al regime impositivo, aggiungendo agli adempimenti vaccinali tradizionalmente obbligatori quelli contro morbillo, rosolia, parotite, varicella, per un totale di dieci vaccinazioni (due in meno rispetto a quelle previste inizialmente dal Decreto legge).
E si è previsto, come nel sistema originario, che l’inadempimento degli obblighi di vaccinazione sia perseguito con l’irrogazione di sanzioni pecuniarie nei confronti dei genitori inadempienti e, contemporaneamente, che l’accesso al sistema scolastico dell’infanzia sia preceduto dalla produzione della documentazione comprovante l’avvenuta vaccinazione ovvero la sussistenza delle condizioni che giustificano l’esonero od il differimento.
Negli altri gradi di istruzione la mancata produzione non preclude invece l’accesso ma provoca soltanto l’avvio del procedimento sanzionatorio.
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Occorre a questo punto rammentare che, contro la reintroduzione del regime della obbligatorietà, la Regione Veneto ha evocato il vaglio della Corte Costituzionale deducendo la illegittimità, in un primo tempo, del decreto legge 73 del 2017 e, successivamente, della legge di conversione.
La decisione della Corte[5] è stata di reiezione e pare utile sintetizzare qui di seguito il percorso argomentativo utilizzato nella motivazione, con particolare riguardo al tema dell’addebito di irragionevolezza delle norme che hanno imposto l’obbligatorietà delle vaccinazioni.
Nel motivare la reiezione la Corte ha anzitutto rammentato la propria costante giurisprudenza, univoca nell’affermare che l’art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo con il coesistente e reciproco diritto degli altri cittadini e con l’interesse della collettività, nonché, nel caso di vaccinazioni obbligatorie, con l’interesse del bambino, che esige tutela anche nei confronti dei genitori che non adempiono ai loro compiti di cura. La legge impositiva di un trattamento sanitario non è dunque incompatibile con il principio della libertà di cura se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili; e se, nell'ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria.
La Corte ha poi segnalato, tra le ragioni ispiratrici della propria decisione, la circostanza che, negli anni più recenti, si sia assistito ad una flessione preoccupante delle coperture, alimentata anche dal diffondersi della convinzione che le vaccinazioni siano inutili, se non addirittura nocive, mentre le evidenze scientifiche depongono in senso opposto. Dopo aver ricordato che i vaccini, al pari di ogni altro farmaco, sono sottoposti al vigente sistema di farmaco vigilanza che fa capo principalmente all’Autorità italiana per il farmaco (AIFA) la motivazione della sentenza sottolinea come l’evoluzione della ricerca scientifica abbia consentito di raggiungere un livello di sicurezza sempre più elevato, fatti salvi quei singoli casi, peraltro molto rari alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, nei quali, anche in ragione delle condizioni di ciascun individuo, la somministrazione può determinare conseguenze negative.
Per formulare tali rilievi i Giudici della Corte si sono avvalsi, ai fini della decisione, di accreditati dati statistici, dei contenuti di documenti elaborati da organismi pubblici dotati di specifiche attitudini scientifiche (l’Organizzazione mondiale della Sanità, l’Istituto Superiore della Sanità ed il Comitato Nazionale di Bioetica) nonché degli elaborati di quattro associazioni scientifiche e professionali (la Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica; la Società italiana di pediatria; la Federazione italiana dei medici pediatri e la Federazione italiana dei medici di medicina generale), da tempo attive con specifiche pubblicazioni e proposte nel settore della politica vaccinale.
Alla luce delle evidenze scientifiche, le cui fonti sono state accuratamente citate dalla sentenza, e di un attento bilanciamento dei molteplici valori costituzionali coinvolti nella decisione, la Corte ha ritenuto che la scelta in favore di una più estesa e penetrante obbligatorietà dei piani vaccinali non possa essere censurata per avere (come invece si era sostenuto nel ricorso proposto dalla Regione Veneto) sproporzionatamente sacrificato la libera autodeterminazione individuale in vista della tutela degli altri beni costituzionali coinvolti.
La scelta è immune da censure -osserva la motivazione della sentenza- in quanto il legislatore è intervenuto in una situazione in cui lo strumento della mera persuasione si era ormai mostrato carente sul piano della efficacia.
Nel valutare la ragionevolezza del nuovo assetto normativo, fondato sull’obbligatorietà, la Corte ha inoltre dato risalto alla circostanza che il legislatore, in sede di conversione, ha ritenuto di dover preservare un adeguato spazio, nell’ambito della relazione tra cittadini ed istituzioni, all’informazione ed alla persuasione. In caso di mancata osservanza dell’obbligo vaccinale, osserva la Corte, la legge di conversione ha previsto l’effettuazione di un apposito colloquio tra le autorità sanitarie ed i genitori, con ciò istituendo uno strumento particolarmente favorevole all’adesione consapevole. A tale considerazione la Corte ne aggiunge un’altra, cui pure annette un positivo rilievo: in sede di conversione il Parlamento ha introdotto una clausola di necessario aggiornamento degli obblighi introdotti dalla legge, prevedendo un sistema di monitoraggio periodico che potrà eventualmente sfociare nella cessazione della obbligatorietà di alcuni vaccini (e segnatamente di quelli elencati all’art. 1, comma 1-bis: anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella). Questo elemento di flessibilizzazione della normativa, da attivarsi alla luce dei dati emersi nelle sedi scientifiche appropriate, evidenzia - a giudizio della Corte- come la scelta legislativa a favore dello strumento dell’obbligo sia fortemente ancorata al contesto scientifico e suscettibile di diversa valutazione al mutare di esso.
In conclusione va dunque sottolineato come l’approfondita motivazione su cui si fonda la reiezione del ricorso proposto dalla Regione Veneto abbia grandemente rinforzato, ben oltre la mera conferma della legittimità del provvedimento, il rilievo scientifico e valoriale delle scelte operate dal Parlamento.
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Si è già sottolineato come, tra gli argomenti utilizzati nella sentenza che si è esaminata, ve ne sia uno che annette particolare importanza alla previsione contenuta nell’articolo 1, comma 4, della Legge 119/2017 secondo cui “In caso di mancata osservanza dell’obbligo vaccinale di cui al presente articolo, i genitori esercenti la potestà genitoriale, i tutori o i soggetti affidatari sono convocati dall’azienda sanitaria locale territorialmente competente per un colloquio al fine di fornire ulteriori informazioni sulle vaccinazioni e di sollecitarne l’effettuazione”. Il percorso gradualista, fondato sulla persuasione prospettato dalla norma, realizza infatti un contributo significativo nella direzione del bilanciamento tra i diversi valori costituzionali in gioco, recuperando in parte l’esigenza di tutelare la libertà di autodeterminazione in materia delle scelte di cura.
L’aspettativa del legislatore è che l’attivazione delle istituzioni sanitarie finalizzata alla informazione ed alla persuasione dei genitori inadempienti possa contribuire ad una più serena accettazione da parte di costoro della necessità di vaccinare i propri figli.
Convincimento questo già rintracciabile negli elaborati del Comitato Nazionale di Bioetica che aveva reiteratamente sottolineato l’importanza di campagne di promozione ed informazione di carattere generale, di un’accurata informazione a livello individuale volta a sollecitare e rendere consapevoli i singoli cittadini, ed infine di un monitoraggio continuo delle omesse vaccinazioni, allo scopo di identificare coloro che necessitano di essere incoraggiati verso il percorso vaccinale.
La legge non ha previsto quali debbano essere le modalità ed i contenuti dei colloqui e neppure nella Circolare del Ministero della Salute datata 12 giugno 2017 il tema viene esaurientemente affrontato, limitandosi l’estensore a precisare che “Nel caso in cui non rispondano all’invito alla vaccinazione, i genitori e i tutori vengono nuovamente convocati per un colloquio, al fine di comprendere le motivazioni della mancata vaccinazione e di fornire -eventualmente anche con il coinvolgimento del pediatra di libera scelta- una corretta informazione sull’obiettivo individuale e collettivo della pratica vaccinale e sui rischi derivanti dalla mancata prevenzione”
Deve dedursene che il compito di decidere il come dello svolgimento degli incontri con i genitori (e dell’eventuale previo invio di materiale informativo), finalizzati a raggiungere il risultato di uno spontaneo adempimento dell’obbligo di vaccinazione venga delegato a ciascuna ASL, in assenza di un indirizzo di carattere generale sulle possibili strategie informativo - persuasive.
Il suggerimento di chi scrive è che, nell’adempimento di questa delicata funzione, si tenga conto delle diverse motivazioni che inducono alcuni genitori ad un rifiuto o ad una riluttanza nei confronti delle vaccinazioni, ben potendo una tale analisi segnalare l’opportunità di strategie casisticamente differenziate
Pare infatti verosimile ipotizzare che se in qualche occasione l’inadempimento possa essere addebitabile a mere dimenticanze od a carenze di informazione, in molti casi la riluttanza dei genitori a sottoporre i figli alle vaccinazioni sia conseguente a motivazioni in cui si intrecciano una crescente sfiducia nei confronti delle istituzioni con la crisi dei cosiddetti “sistemi esperti”.
Sul punto si esprime in termini netti uno studioso di oltreoceano che ci segnala come oggi negli Stati Uniti medici, professori, professionisti e specialisti di ogni tipo non siano più visti come le figure cui affidarsi per un parere qualificato ma come gli odiosi sostenitori di un sapere elitario ed inutile.[6]
“Questo è un fenomeno nuovo nella cultura americana: si tratta di un processo di aggressiva sostituzione delle opinioni degli esperti o dei saperi consolidati con la convinzione che, qualsiasi sia la materia, tutte le opinioni siano altrettanto valide. . . Sarebbe facile liquidare la diffidenza nei confronti del sapere costituito attribuendola allo stereotipo del cafone sospettoso e ignorante che rifiuta i modi misteriosi dei cervelloni metropolitani. Ma la realtà è molto più inquietante: le campagne contro il sapere costituito sono guidate da persone da cui sarebbe lecito aspettarsi di meglio. Nel caso dei vaccini, per esempio, la scarsa partecipazione ai programmi di vaccinazione infantile non è un problema che riguarda le madri di provincia non scolarizzate. . .I genitori più propensi a opporre resistenza ai vaccini, si è scoperto, si trovano tra gli istruiti . . . Pur non essendo medici queste madri e questi padri sono abbastanza istruiti da credere di possedere una formazione di base sufficiente a sfidare la scienza medica consolidata. Quindi, per un paradosso controintuitivo, i genitori istruiti stanno prendendo decisioni peggiori rispetto a quelli di gran lunga meno istruiti e stanno mettendo a rischio i figli di tutti.. .”
Se una tale analisi può ritenersi in larga parte condivisibile e riferibile anche al nostro Paese, ne consegue che lo sforzo di persuasione dei riluttanti “istruiti”, più che allo svolgimento di colloqui individuali, debba essere affidato a campagne di informazione da realizzare anzitutto sui siti dei social network. In un altro studio prima citato -pubblicato sulla Rivista di Medicina legale[7] e dedicato proprio all’analisi del rapporto tra antivaccinismo e social media- si suggerisce di non demonizzare i social, utilizzandoli invece per porre in essere strategie persuasive maggiormente adeguate alle necessità dell’oggi: la guerra alla disinformazione può essere, a giudizio dell’autrice, combattuta utilizzando le medesime armi impugnate dai disinformatori (in buona od in cattiva fede che siano).
I social media “paiono enfatizzare i processi di disintermediazione che caratterizzano la società contemporanea, accompagnandosi con le dinamiche di diminuita fiducia nelle istituzioni, anche scientifiche, e che appaiono ulteriormente enfatizzate dalla natura intrinsecamente probabilistica della conoscenza scientifica (spesso di ardua comprensione da parte del grande pubblico). In un simile contesto, è fondamentale che le istituzioni sanitarie comprendano e presidino i social network sites, raggiungendo adeguati livelli di influenza in tali ambienti. Le dinamiche comunicative tipiche degli ambienti di rete, così come i criteri di validazione delle fonti adottate on line dagli utenti (spesso distanti dalle modalità tradizionalmente praticate in contesti differenti) possono essere colte dalle istituzioni come opportunità per acquisire una rinnovata centralità nel dibattito sul tema dei vaccini. Questo richiede un investimento sistematico e strategico nella comunicazione on line che non può più limitarsi a interventi episodici, proprio perché la capacità di influenza negli ambienti digitali risponde a logiche peculiari. Quote crescenti di cittadini italiani sono già impegnate nella ricerca e nella condivisione on line di contenuti relativi ai vaccini: la qualità dell’ecosistema informativo che troveranno dipende anche dalle scelte comunicative che saranno fatte dalle istituzioni”.
Va a questo punto segnalato che, in aggiunta ai colloqui informativi/persuasivi la cui gestione è affidata alla ASL, il legislatore ha stabilito che venga affidato al Ministero della Salute il compito di realizzare iniziative di comunicazione e informazione istituzionale finalizzate a promuovere l’adesione volontaria e consapevole alle vaccinazioni : l’auspicio di questo Difensore civico è che nello svolgimento di tale attività si possa tener conto dei suggerimenti formulati dalla dottrina citata che paiono di non marginale utilità per il raggiungimento degli obiettivi auspicati dal legislatore.
Il Ministero della Salute, in uno con quello dell’Istruzione ed anche con la collaborazione delle associazioni di categoria delle professioni sanitarie, dovrà inoltre realizzare iniziative di formazione del personale docente, ed altre rivolte direttamente agli studenti, sui temi della prevenzione sanitaria e delle vaccinazioni.
Pare a chi scrive che in tali sedi lo spettro delle questioni da affrontare, pur muovendo dal tema più prettamente scientifico, possa essere utilmente allargato alle complesse questioni etiche sottese al tema dell’obbligatorietà delle vaccinazioni ed anche ad una riflessione sulle caratteristiche del rapporto tra il principio di solidarietà disciplinato nella Costituzione all’articolo 2 ed il dovere dei cittadini di osservare le leggi enunciato nell’articolo 54.
Quanto alle prime paiono particolarmente valorizzabili i contenuti dell’approfondito (e già citato) parere reso dal Comitato Nazionale di Bioetica in materia di vaccinazioni in data 22 settembre 1995, il cui valore si segnala già nell’incipit leggendo le considerazioni svolte dall’allora Presidente, Francesco D’Agostino, nella presentazione al documento: ”La bioetica delle vaccinazioni ci impone. . . di ragionare in una prospettiva di ampio respiro, nella quale il bene di cui si va alla ricerca è insieme il bene del singolo e il bene di tutti. Questa naturalmente non è una formula magica , in grado di risolvere tutti i complessi problemi che sorgono dalla pratica delle vaccinazioni. . . L’essenziale, comunque, è che l’opinione pubblica acquisti la consapevolezza che mai, come nel caso delle vaccinazioni, l’atto del singolo acquista significanza solo se collocato nel quadro generale di un’azione collettiva. Ed è in questo nesso, in questa reciproca coappartenenza tra il singolo uomo e la comunità degli uomini, che il problema delle vaccinazioni, come problema di bioetica, acquista tutto il suo spessore.
La Garante dell’Infanzia della Regione Piemonte, Rita Turino, nella relazione dedicata all’attività svolta nell’anno 2017, racconta il caso di una classe del liceo Arnaldi di Novi Ligure in cui tutti gli alunni si sono volontariamente vaccinati per proteggere dal virus dell’influenza un loro compagno malato di tumore: ecco una testimonianza esemplificativa di come l’etica della solidarietà connoti il senso più profondo delle immunizzazioni vaccinali, rammentandoci che la protezione del singolo non può fare a meno del coinvolgimento della collettività.
Quanto al tema più squisitamente giuridico, proprio la forte connotazione etica della questione vaccinale consente un immediato collegamento tra il dovere di osservare le Leggi, contenuto nell’articolo 54 della Costituzione, ed il principio solidaristico enunciato nell’articolo 2 che, nel nostro caso, consente di iscrivere il dovere di obbedienza alla legge 119/2017 nel novero dei doveri da qualificarsi come inderogabili.
In siffatta prospettiva, i contenuti dei colloqui informativi/persuasivi la cui gestione è affidata alla ASL, del percorso formativo rivolto ai docenti e della contestuale informazione da rivolgere ai discenti (che verranno invece curati dai Ministeri) potrebbero trarre spunto ed argomento dagli insegnamenti impartiti dalla copiosa, costante e consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale in tema legittimità dell’obbligo di vaccinazione.
Colgo l’occasione per inviare a tutti Voi i miei migliori saluti.
Il Difensore civico
Augusto Fierro
[1] c.f.r. Francesca Comunello, “Oltre le filter bubbles. Una riflessione sulla controversia vaccinale nei social media”, in. Rivista italiana di medicina legale e del diritto sanitario, Fascicolo 1/2018.
[2] Parere del CNB intitolato “Le vaccinazioni”, reso in data 22 settembre 1995.
[3] Comunello, citata.
[4] c.f.r Francesco Severino Florio, La questione vaccinale nel quadro degli assetti costituzionali , in Istituzioni del Federalismo, numero 2/2017. L’autore riferisce come, nel 1998, un medico inglese, A.J Wakefield avesse pubblicato uno studio (poi ritirato) sulla correlazione vaccini autismo. Il medico fu accusato di violazioni etiche e radiato dall’Ordine nel 2010.
[5] La decisione è la numero 5 del 2018, Presidente Grossi, redattore Cartabia.
Il primo addebito proposto dalla Regione Veneto riguardava la scelta della fonte, il decreto legge, che era stata giustificata dal Governo con la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni che garantissero in maniera omogenea sul territorio nazionale le attività dirette alla prevenzione, al contenimento e alla riduzione dei rischi per la salute pubblica, nonché con la necessità di garantire il rispetto degli obblighi assunti, delle strategie concordate a livello europeo e internazionale e degli obiettivi comuni fissati nell’area geografica europea. Il secondo profilo di censura atteneva al merito della scelta normativa che aveva esteso il novero delle vaccinazioni obbligatorie. La terza censura riguardava invece la legittimità del ricorso allo strumento del decreto legge ad efficacia differita. La quarta atteneva alla legittimità di un intervento statale esercitato in un ambito, quello della tutela della salute, rispetto al quale vantano titoli di competenza anche le Regioni.
[6] c.f.r Tom Nichols, “La conoscenza e i suoi nemici”, Luiss, 2018, pag 35 ss: “
[7] Francesca Comunello, cit.