Gentili iscritte ed iscritti al servizio di newsletter del Difensore Civico,
Vi segnalo che, con l’articolo 4 della Legge numero 219 approvata il 14 dicembre 2017 ed entrata in vigore il 31 gennaio 2018, sono state introdotte e disciplinate “le disposizione anticipate di trattamento”, vale a dire la facoltà riconosciuta alla persona di formalizzare anticipatamente le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari nonché di esprimere il consenso od il rifiuto nei confronti di eventuali accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche per l’ipotesi di una eventuale, sopravvenuta, incapacità di autodeterminarsi.
Con l’art. 1, commi 418 e 419, della Legge di Bilancio del 2018 (la numero 205/2017) si è contemporaneamente prevista e finanziata l’istituzione presso il Ministero della Salute di una Banca dati destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento.
Con Decreto direttoriale del 22 marzo 2018 il Ministero della Salute ha inoltre disposto l’istituzione di un Gruppo di lavoro (composto da rappresentanti del Ministero medesimo, delle Regioni e dell’Autorità Garante per la privacy) cui è stato affidato il compito di definire i contenuti della realizzanda Banca dati, le modalità di registrazione e di accesso alle disposizioni anticipate, ed infine le misure di sicurezza da utilizzare per la protezione dei dati.
Va peraltro segnalato che il comma 7 dell’articolo 4 della Legge 219 ha previsto in capo alle Regioni, che già adottino modalità telematiche di gestione della cartella clinica od il fascicolo sanitario elettronico[1], di eventualmente regolamentare l’inserimento delle disposizioni di trattamento all’interno di tali banche dati.
Il che ha fatto sorgere dubbi interpretativi, dovuti ad un’asserita mancanza di coordinamento tra l’art. 4, comma 7, l. n. 219/2017, che hanno suggerito al Ministero di rivolgersi al Consiglio di Stato per ottenere risposta al seguente quesito: 1. “se la banca dati, istituita presso questo Ministero, debba intendersi solo quale strumento finalizzato ad annotare ed attestare solo l’avvenuta espressione delle DAT nonché ad indicare ove la stessa sia reperibile, ovvero contenere essa stessa copia della disposizione anticipata di trattamento eventualmente resa”. Per il Ministero – si riferisce nel citato parere- la prima interpretazione apparirebbe più aderente alla formulazione letterale della disposizione della legge di bilancio, ove si recita che la predetta banca dati è destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento e confortata dal raffronto della medesima con il testo dell’art 4, comma 7, della legge 22 dicembre 2017, n. 219, laddove si prevede espressamente che le regioni che adottano modalità informatiche di gestione dei dati del singolo iscritto al servizio sanitario nazionale (SSN) possono regolamentare la raccolta di copia delle DAT, compresa l’indicazione del fiduciario, e il loro inserimento nella banca dati. La seconda interpretazione apparirebbe invece meramente desumilbile da una presunta – ma non esplicitata – intenzione del legislatore di assicurare una più estesa attuazione, con le disposizioni recate dalla legge di bilancio 2018, alla specifica normativa in materia di DAT.
Con provvedimento del 31 luglio 2018 la Commissione speciale del Consiglio di Stato ha risposto al quesito, osservando che: “è pur vero che il termine ‘registrazione’ utilizzato nella legge di bilancio, confrontato con il termine ‘raccolta’, previsto dall’art. 4, comma 7, della legge n. 219/2017, potrebbe far propendere per un’interpretazione restrittiva, così come proposto dal Ministero richiedente; tuttavia detto termine sembra sia stato utilizzato dal Legislatore in senso atecnico, in quanto lo scopo indubbio della legge è quello di istituire un registro nazionale ove poter raccogliere le DAT.
Ciò del resto è confermato dalle seguenti considerazioni: è vero che la tutela della salute, ex art. 117, comma 3, Cost., rientra nella potestà legislativa concorrente, ma è anche vero che, sulla base del quadro costituzionale sopra delineato, le DAT possono essere inquadrate, per un verso, nella materia dell’ ‘ordinamento civile’ di competenza esclusiva dello Stato (trattandosi di diritti fondamentali della persona umana) e, per altro verso, nella materia dei ‘livelli essenziali delle prestazioni’, anche questa di competenza esclusiva; conseguentemente il registro previsto dalla legge di bilancio, ad avviso del Consiglio, non può servire solo a registrare ciò che è stato raccolto dai registri regionali (che peraltro sono sostanzialmente facoltativi) o dai registri ex lege facoltativi istituiti presso i comuni né può limitarsi a contenere la semplice annotazione o registrazione delle DAT comunque esistenti; al contrario, tale registro nazionale deve svolgere l’importante compito di dare attuazione ai principi costituzionali prima ricordati – in un quadro di competenze legislative statali che per questo aspetto sono di tipo esclusivo – anche raccogliendo le DAT, consentendo, in tal modo, che le stesse siano conoscibili a livello nazionale ed evitando che abbiano una conoscibilità circoscritta al luogo in cui sono state rese. Il che vanificherebbe, con tutta evidenza, l’applicazione concreta della normativa; peraltro, se il registro nazionale avesse unicamente il compito di registrare le DAT senza raccoglierle, vi sarebbe il concreto rischio di dar vita ad un sistema incompleto e privo di utilità: la legge 219/2017 - come si è visto - non prevede l’obbligatorietà né del registro regionale (le regioni “possono, con proprio atto, regolamentare la raccolta delle DAT”) né di quello comunale (l’art. 4, comma 6, parla di ‘apposito registro, ove istituito’), con la conseguenza che potrebbe mancare a livello locale un registro che raccolga le DAT; anche per tale ragione appare necessario un registro nazionale completo e efficiente, al quale gli interessati possono direttamente trasmettere le DAT che hanno reso; è opportuno che siano raccolte anche le DAT delle persone non iscritte al SSN: se, infatti, il registro regionale può raccogliere solo le DAT degli iscritti al SSN, l’unico modo per garantire i medesimi diritti fondamentali della persona umana anche a coloro che non sono iscritti al SSN è l’istituzione di un effettivo ed efficiente registro nazionale. Sul punto la Commissione speciale rileva che occorrerà prevedere, su richiesta dell’interessato, l’invio alla banca dati nazionale delle DAT da parte dell’ufficiale dello Stato civile o dalla struttura sanitaria ai quali sono state consegnate e del notaio che le ha ricevute. Detto incombente è necessario per consentire al medico, in caso di bisogno, di conoscere se il paziente ha reso o meno le disposizioni in questione. In conclusione, la risposta al quesito è nel senso che la banca dati nazionale deve, su richiesta dell’interessato, poter contenere copia delle DAT stesse, compresa l’indicazione del fiduciario e l’eventuale revoca.”
Ecco dunque lo stato dell’arte con riferimento al Decreto attuativo riguardante la realizzazione della banca dati nazionale per le disposizioni anticipate, indispensabile per poter dare piena attuazione alle norme varate dal Parlamento con la Legge 219 del 2017. Degli argomenti esposti dal Consiglio di Stato, sia consentito sottolinerne uno: la ratio della Banca dati nazionale sta anzitutto nel consentire l’accessibilità alle DAT a qualsiasi sanitario, operante sul territorio nazionale, che venga in contatto, per la necessità di curarlo[2], con un paziente che non sia in grado di esprimere le proprie scelte in ordine al cosiddetto “fine-vita” ma che in precedenza le abbia formulate, in previsione di una eventuale futura incapacità a determinarsi. Limitare la conoscibilità delle DAT ai soli medici del luogo in cui in cui esse sono state rese (ammesso e non concesso che il registro regionale venga istituito) vanificherebbe, in troppi casi, l’effettività della nuova normativa.
Conclusivamente: non appare configurarsi alcun valido motivo per dilatare ulteriormente i tempi di adozione del Decreto previsto nella Legge di bilancio 2018 e, sotto questo profilo, occorre, aderendo alle richieste di Mina Welby, Beppino Englaro e Monica Coscioni[3] auspicare che il Ministero della Salute provveda con celerità, a dare definitiva concretezza alle norme sul biotestamento.
Colgo l’occasione per inviare a tutti Voi i migliori saluti miei e dei Collaboratori dell’Ufficio..
[1] La normativa riguardante il Fascicolo sanitario elettronico è esaminata da questo Ufficio nella Relazione annuale dedicata all’attività svolta nell’anno 2018, in corso di pubblicazione.
[2] Si faccia l’esempio più frequente: quello dei sinistri stradali
[3] c.f.r Elena Testi, La grande beffa del testamento biologico negato, in L’Espresso, 3.2.2019