Sito ufficiale del Consiglio regionale del Piemonte
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TascabiliContro la pena di morte
PRESENTAZIONE
Questo è il
terzo tascabile edito dal Comitato per l'affermazione dei valori della
Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana sul tema della
pena di morte. Il Consiglio regionale del Piemonte intende in questo
modo ribadire il proprio impegno, la propria battaglia civile per i
diritti umani e per l'abolizione di un uso tanto crudele quanto radicato
nelle culture giuridiche, sociali e religiose di molti popoli.
Tuttora nel mondo sono troppe le persone per le quali la pena di morte è una tragica realtà. Secondo Amnesty International, le sole esecuzioni capitali ufficialmente accertate nel mondo sono oltre duemila l'anno. Ogni giorno oltre cinque persone si presentano all'appuntamento con il boia. E a queste vanno aggiunte le esecuzioni sommarie e quelle tenute segrete dai governi, morti di cui non resta traccia. Se gli sforzi finora profusi per ottenere una moratoria delle esecuzioni hanno incontrato troppi ostacoli, hanno ottenuto almeno un risultato importante. Hanno fatto lievitare il dibattito sull'ammissibilità della pena capitale da oggetto esclusivo di scelta politica e giuridica interna ad ogni stato a questione di diritti universali dell'uomo, e come tale soggetta all'interesse del consesso internazionale e delle sue organizzazioni. La vita dell'uomo è un valore che non può essere lasciato alla scelta di un governo o alla clemenza di un governante. Questa è la cultura che seppur a fatica si sta facendo strada: una cultura abolizionista che metta fuori legge l'omicidio di Stato e allarghi il consenso intorno alla cancellazione di un uso che va relegato ai momenti bui della storia umana. Contro la pena di morte, Papa Giovanni Paolo II si è pronunciato più volte. Con l'enciclica Evangelium vitae del 1995; durante il viaggio negli Stati Uniti, il 27 gennaio 1999 e ancora nell'Angelus del 12 dicembre 1999. "Un segno di speranza - ha detto il Santo Padre a Saint Louis - è costituito dal crescente riconoscimento che la dignità della vita umana non deve mai essere negata, nemmeno a chi ha fatto del grande male. La società moderna possiede gli strumenti per proteggersi, senza negare ai criminali la possibilità di ravvedersi". Parole inequivocabili che devono spronarci ad operare affinché nel nostro Paese la scelta contro la pena di morte diventi irreversibile e l'Italia continui ad essere fra i Paesi moralmente più titolati per guidare questa battaglia di civiltà a livello mondiale. Sergio
Deorsola
Presidente del Consiglio regionale del Piemonte Nelle tribù
primitive, in assenza di un sistema giudiziario, era norma reagire all'uccisione
con l'uccisione, mettendo così in moto una spirale di violenza
e di vendetta che finiva con lo sfuggire al controllo dell'individuo
e che poteva durare anche per generazioni.
La vendetta finiva così per diventare una realtà continua, contagiosa, interminabile. Ecco perché, nelle società che non hanno sistema giudiziario, il problema della violenza e della vendetta è uno dei più difficili da risolvere, perché dal momento in cui la violenza si insinua diventa difficile arginarla. Da qui l'esigenza di un sistema giudiziario, che però finisce con il fare la stessa cosa che in un sistema primitivo farebbero i parenti della vittima. Vendicarsi. La differenza tra sistema giudiziario e sistema della vendetta non è da ricercarsi in un'etica di principi (uno è giusto e l'altro è ingiusto), ma in un'etica del risultato, è innegabile infatti la capacità del sistema giudiziario di limitare la vendetta ad un solo episodio, a una vendetta unica che è la vendetta della società. Culture
primitive e tradizioni cristiana e islamica
Per i popoli
antichi convivere con l'idea della morte era una cosa assolutamente
normale e la vita di tutti i giorni comprendeva l'aspettativa della
violenza e della vendetta per i torti commessi, ma anche, spesso, per
quelli non commessi.
La pena capitale faceva parte del sistema legale ed era accettata e condivisa da tutti; così, quando la religione cristiana si pose il problema di considerare quali fossero i limiti e i doveri dello Stato, ebbe la tendenza a dare per scontata la pena di morte, trovandone giustificazione in alcuni testi del Vecchio Testamento. Il libro del Levitico, per esempio, parla di " Violazione per violazione, occhio per occhio, dente per dente Quando un uomo colpisce un altro e lo uccide sarà messo a morte". E' nel Discorso della Montagna che Gesù mette in discussione per la prima volta l'idea del "male per male" come reazione accettabile. "Ma quello che io vi dico ora è se qualcuno vi dà uno schiaffo sulla guancia destra, offritegli anche la sinistra benedetti sono coloro che perdonano ". Quando a Gesù fu chiesto il suo parere su di un crimine per il quale la pena di morte era la lapidazione, la sua risposta fu di abolire la punizione. Gesù disse: "Chi si sente senza peccato scagli la prima pietra". Questo riferimento alla prima pietra è significativo: Gesù mette l'accento sulla prima pietra perché è la più difficile a gettarsi, perché sarà quella cui seguiranno tutte le altre, perché nessuno ha ancora gettato pietre; occorre prendere coscienza della propria responsabilità, occorre assumere la violenza in quanto individui, non in quanto membri del gruppo. Gesù si sofferma sulla considerazione che ogni esecuzione capitale è responsabilità di ognuno in quanto individuo, neutralizzando l'effetto di slancio collettivo che favorisce la partecipazione meccanica. Nella tradizione islamica la pena di morte era contemplata per numerosi crimini ed era accettata dal popolo che ne condivideva l'efficacia. Le pene dovevano essere esemplari per avere una forte efficacia dissuasiva sul piano sociale, per mantenere l'ordine, garantire la sicurezza, combattere i nemici della comunità e vendicare le offese fatte al Profeta. La fiducia in questa utilità sociale della pena di morte, nel suo effetto dissuasivo, era generale tra i popoli antichi che avevano individuato la pena capitale come l'unica pena, l'unico mezzo di lotta per difendere e preservare la comunità. Prima dell'Illuminismo
Nel Medioevo
la pena di morte veniva applicata in particolare nei confronti delle
classi meno abbienti. I cattolici, poi, mandavano al rogo i protestanti,
che a loro volta bruciavano i papisti servendosi delle stesse leggi.
Nell'Inghilterra medioevale per compensare un omicidio era spesso sufficiente
pagare ai parenti delle vittime il "wergeld" (in Italia il
Guidrigildo), o denaro di sangue, che era una sorta di riscatto per
il reato commesso.
Il cambiamento da Guidrigildo a pena di morte avvenne nel Basso medioevo, il periodo di Dante e Federico II. Ma con la crescita dell'autorità reale l'omicidio cominciò ad essere considerato non più come un reato contro un individuo ma come un reato pubblico, una rottura della pace con il re e, come tale, doveva essere punito con la pena di morte. Nel periodo compreso tra i secoli XIV e XVIII si assistette in tutta Europa allo sviluppo di una legislazione selvaggia, che vide la diffusione di molteplici modi di uccidere legalmente le persone: dai roghi alle forche, alla mannaia. La pratica dell'omicidio legale raggiunse nel corso di quegli anni un notevole livello quantitativo e qualitativo. La gente, compresi i bambini, poteva essere condannata alla pena capitale anche per reati di lieve entità o di gravità del tutto sproporzionata al carattere assoluto della pena di morte, come l'aver scritto lettere minatorie, aver cacciato di frodo o falsificato monete. Tanta durezza delle pene, probabilmente, si deve al fatto che in quegli anni non vi era un sistema di polizia adeguato per difendere la proprietà, minacciata dall'insicurezza sociale e dall'estrema povertà, che spingeva la gente a rubare per sopravvivere. Tratto fondamentale delle esecuzioni capitali era la spettacolarità. Un antico detto napoletano affermava che "il popolo si governa con festa, farina e forca", e in effetti le esecuzioni capitali diventarono delle vere e proprie celebrazioni collettive, con una scenografia e una regia che accompagnavano il condannato nel suo estremo e definitivo supplizio. La punizione attraverso la pena capitale doveva assolvere due funzioni: vendicare la società e avere un carattere terrorizzante ed esemplare. Per ottenere questi effetti, il buon esito del rituale dell'esecuzione diventava fondamentale. Attori insostituibili di questa "liturgia dei supplizi" diventarono il boia e il confortatore; l'uno con il compito di infliggere la morte al condannato e l'altro con il compito di salvare la sua anima. La piena accettazione della condanna da parte del condannato diventò così elemento fondamentale di uno spettacolo che doveva essere rassicurante e doveva portare ad una sorta di pacificazione sociale. Furono poi le grandi rivoluzioni borghesi con la loro opera di secolarizzazione a far diventare netta la distinzione tra espiazione religiosa e pena in senso giuridico. L'Illuminismo
L'abolizionismo
è un'idea assolutamente moderna, da mettere in stretta relazione
con quel rivolgimento del diritto penale avvenuto nel Settecento. La
riforma in senso umanitario del diritto penale può essere considerata
infatti uno dei maggiori contributi storici di quel secolo. La mentalità
illuminista fu pratica, pragmatica e particolarmente attenta al pensiero
giuridico.
I filosofi cominciarono ad occuparsi di diritto penale senza ancora dargli dignità di scienza, ma considerandolo come complesso organico di problemi che dovevano necessariamente diventare oggetto di critica e revisione filosofica. All'interno di questo grande movimento di pensiero caratterizzato dalla volontà di cambiamento, coesistevano due anime o posizioni: un'anima morale, attenta al problema umanitario nel diritto penale, e un anima politica, portatrice di ragioni di tipo utilitaristico. In quegli anni la pena di morte era le pena più diffusa con un ambito di applicazione vastissimo: in Inghilterra, per esempio, 350 tipi di crimini erano puniti con la pena capitale, che veniva applicata anche ai delitti religiosi e ai reati di lieve entità. Per i delitti più gravi era prevista una scala di crudeltà nell'esecuzione della pena. L'illuminismo fece una netta distinzione fra peccato in senso morale e reato in senso giuridico, tra espiazione religiosa o morale e pena in senso giuridico. Questo fu il frutto dell'opera di secolarizzazione del diritto penale. L'illuminismo riconosce anche che alcuni reati come il furto, sono veri e propri reati in senso giuridico, ma che è palese la sproporzione tra pena e gravità del reato commesso, se il reato di furto viene punito con una sentenza di morte. Tutti gli illuministi furono poi d'accordo nell'opporsi recisamente e fermamente ai supplizi e all'inflizione di tormenti e torture che accompagnavano la pena di morte. Queste posizioni testimoniano il valore dell'opera di riforma umanitaria del sistema penale, di mitigazione delle pene, di restringimento dell'ambito di applicazione della pena di morte, compiuta dall'illuminismo. In questo clima matura il pensiero di Cesare Beccaria che pubblica il suo "Dei delitti e delle pene", libro in cui si auspica una riforma finalizzata all'abolizione della pena di morte. .
Il dibattito
sulla pena di morte verte su due questioni: se sia giusta e se sia utile.
Chiedersi se la pena di morte sia giusta, significa porsi un problema di liceità morale. Chiedersi se la pena di morte debba essere inflitta perché è la più intimidatoria delle pene, significa porsi un problema di opportunità sociale. Una pena
ingiusta
Una forte
motivazione al rifiuto della pena di morte la si può trovare
considerando il rapporto tra collettività e individuo: l'uccisione
inflitta come pena è una violazione del diritto alla vita, ha
il carattere dell'irreversibilità ed è in contraddizione
con il principio della recuperabilità del reo.
Uno Stato che ricorre alla pena capitale utilizza lo stesso sistema di valori, basato sulla violenza e la morte, che intende combattere e dimentica che il diritto alla vita dovrebbe essere un diritto assoluto da farsi valere in ogni caso e senza eccezioni. L'abolizione della pena di morte dalle leggi e dalle coscienze è quindi un obiettivo primario per chi vuole una giustizia che non sia fondata sulla vendetta. Una pena
inutile
La posizione
della maggior parte di coloro i quali sono favorevoli alla pena capitale,
per lo meno nei paesi occidentali, è basata sulla convinzione
che la pena di morte, quantunque sia riprovevole da un punto di vista
morale, è tuttavia necessaria per proteggere la società.
Per ragionare sulla possibile deterrenza della pena di morte è
necessario considerare: la realtà della minaccia, le categorie
dei potenziali criminali a cui la minaccia è indirizzata, quanto
sia efficace la minaccia stessa e quanto la pena di morte sia un deterrente
insostituibile.
1) La pena di morte è una minaccia reale? Il rischio per un criminale di venire condannato a morte e giustiziato è generalmente trascurabile nel momento in cui commette il reato. Molto spesso il potenziale omicida corre un rischio molto maggiore di essere ucciso mentre sta commettendo il crimine o mentre sta scappando. 2) Per quali categorie di potenziali criminali la pena di morte potrebbe costituire una minaccia? L'omicida per motivi ideologici considera la possibilità di morire come un rischio calcolato e non viene quindi per nulla intimidito dalla prospettiva della morte. La morte in seguito ad un'esecuzione è a volte persino auspicabile dal terrorista, in quanto in grado di rendere a lui e al suo movimento una visibilità che giustifica il sacrificio. Il sicario considera generalmente più reale la prospettiva del guadagno che otterrà dal suo crimine, piuttosto che la possibilità di essere arrestato e condannato. L'omicida "sessuale", sia nel caso in cui agisca in quanto malato di mente sia nel caso di omicidio "passionale", non può venire fermato dal timore della condanna a morte. 3) Quanto è efficace la minaccia? Dati statistici testimoniano che la pena di morte non è efficace come deterrente: all'abolizione della pena di morte non corrisponde generalmente un aumento dei crimini capitali e alla sua reintroduzione i crimini non diminuiscono. 4) La pena di morte è un deterrente insostituibile? Anche a questa domanda gli studi statistici, condotti paragonando l'efficacia della pena di morte con l'efficacia di altre punizioni, non hanno fornito dati a favore della tesi che la pena di morte sia più utile di altre pene nello scoraggiare il crimine. Oltre alla deterrenza, alcuni ritengono che la pena di morte trovi la sua giustificazione per il fatto che: a) impedisce al criminale di ripetere il reato; questo è ovviamente vero, ma altre pene, come la detenzione, raggiungono lo stesso scopo; b) la pena di morte agisce come esempio e può dissuadere altri potenziali criminali; in realtà la pena di morte essendo a sua volta un omicidio, quantunque legalizzato, porta ad un'inferiore valutazione del valore della vita umana e il suo effetto sul pubblico è brutalizzante. Una pena
costosa
Molti sostengono
che la pena di morte comporti costi minori per la società rispetto
al carcere a vita. E' stato dimostrato attraverso alcuni studi condotti
negli Stati Uniti, uno dei pochi Paesi mantenitori che concede tutele
e salvaguardie all'imputato, che non è così. Gli Stati
Uniti hanno infatti un sistema giudiziario che prevede vari gradi di
appello e diverse possibilità di ricorso contro la condanna e
questo comporta costi molto alti. In Cina e in Iraq, dove le condanne
sono spesso emesse in seguito a processi sommari o senza diritto di
appello, naturalmente i costi sono ridotti.
Una pena
crudele
Così
come non è possibile eliminare l'arbitrio, la discriminazione
e gli errori legati alla comminazione della pena di morte, così
non è possibile individuare un modo per giustiziare una persona,
che non sia crudele, inumano o degradante. Per compiere un'esecuzione,
oggi, vengono usati vari metodi: fucilazione, impiccagione, sedia elettrica,
iniezione letale, camera a gas, decapitazione e lapidazione.
Negli Stati Uniti l'annuncio dell'esecuzione può essere dato con pochi giorni di anticipo e, per tutto il tempo che intercorre tra il giudizio di primo grado e la sentenza, il condannato è costretto a vivere nell'attesa. La durata e l'incertezza relativa alla data dell'esecuzione costituiscono una combinazione perversa. A volte il condannato decide, in questo lasso di tempo, di recidere i propri legami con il resto del mondo, comprese le persone che gli sono più care, avvertendone tutta l'inutilità. Questa è una morte psicologica che può anticipare anche di parecchi anni la morte fisica. Altre volte il condannato è talmente ossessionato dal pensiero della propria esecuzione, da cercare di immaginarla e di immaginare i propri comportamenti negli ultimi istanti di vita. Alcune sentenze subiscono poi delle sospensioni, seguite da altrettanti annullamenti delle sospensioni con conseguente rinnovata incertezza da parte del condannato. Il rito macabro che regola l'esecuzione denuncia tutta la crudeltà della pena. Le esecuzioni ed i loro preparativi seguono delle procedure prefissate, che in taluni Paesi sono regolamentate nei minimi dettagli. Negli Stati Uniti l'ordine di esecuzione viene letto al prigioniero quattro settimane prima della data prevista. Il detenuto viene poi trasferito in una cella speciale, vicino alla stanza della sedia elettrica. La seconda fase della procedura comincia quattro giorni prima dell'esecuzione, quando il detenuto è posto sotto la continua osservazione di una guardia carceraria appostata davanti alla cella. Vengono tolti al condannato tutti gli oggetti di proprietà e si prendono le misure per gli abiti che indosserà durante l'esecuzione. Si prepara un certificato di morte che definisce la causa del decesso come "esecuzione legale mediante scariche elettriche". Le norme prevedono un ultimo pasto e la visita del barbiere. Il procedimento della condanna a morte e dell'esecuzione implica il coinvolgimento di molte persone: funzionari della prigione, giudici, medici, guardie carcerarie, avvocati e giurati. Per molti di loro si tratta di un'esperienza spaventosa. L'esecuzione tramite sedia elettrica in Virginia, USA, avviene in questo modo: una scarica di 1.825 volts a circa 7,5 ampere per 30 secondi , una di 240 wolts a circa 1,5 ampere per minuto, una pausa che dura 5 secondi e si riprende da capo. Ufficialmente, questa procedura causa la morte cerebrale del condannato sin dai primi istanti: in realtà questo metodo di esecuzione ha provocato agonie anche superiori ai 15 minuti. La Corte Suprema della Florida sostiene che l'esecuzione tramite sedia elettrica non rientra tra le punizioni crudeli o inusuali: questa ultime, infatti, devono comprendere la tortura, un prolungamento dell'agonia o l'inflizione di dolore non necessario o eccessivo. Anche la "via umana" alla pena di morte, come viene definito il metodo di esecuzione tramite iniezione di veleno, produce sofferenza nel condannato. L'agonia può prolungarsi per molti minuti, a causa del cattivo funzionamento delle apparecchiature e della difficoltà di trovare le vene adatte per l'inserimento degli aghi. Se la pena di morte è crudele nelle modalità di esecuzione è anche crudele nella sua attesa: le condizioni di detenzione nei bracci della morte sono talmente dure da indurre i condannati a rinunciare a fare appello per non dover più vivere in quelle condizioni. Il rischio
di uccidere un innocente
La pena di
morte presenta come tutte le altre pene il rischio di condannare persone
innocenti. Ma, a differenza di altre pene, la pena capitale spesso impedisce
alla giustizia di rimediare agli eventuali errori che risultano fatali
se la sentenza è già stata eseguita.
Può succedere che testimoni oculari sbaglino un'identificazione o che vengano commessi errori da polizia ed avvocati. Spesso l'errore viene scoperto dopo anni di prigionia e il condannato viene rimesso in libertà, ma altrettanto spesso l'innocente condannato a morte si avvia inesorabilmente verso l'esecuzione e viene riconosciuto innocente solo quando ormai è troppo tardi. Secondo un recente studio, dal 1984 a oggi almeno 23 innocenti sarebbero stati giustiziati negli Stati Uniti. La maggior parte dei condannati a morte proviene da ceti poveri e disagiati e i processi appaiono spesso inquinati da pregiudizi razziali od economici. Lo Sato prevede l'assistenza legale ai condannati indigenti, ma la garantisce solo nelle prime fasi del procedimento giudiziario. L'assistenza legale concessa all'imputato è quasi sempre inadeguata e i legali d'ufficio sono quasi sempre giovani ed inesperti. Avendo poi scarsissimi fondi a disposizione per preparare una difesa e per effettuare le necessarie indagini, anche i legali meglio disposti si trovano in difficoltà. Processi
iniqui
Nessun sistema
giudiziario, per quanto avanzato e all'avanguardia, è immune
da iniquità e ingiustizie. In tutti i Paesi mantenitori si possono
riscontrare anomalie o vere e proprie iniquità giudiziarie.
In Cina quasi sempre i processi si svolgono in maniera sommaria e spesso l'annuncio di una condanna viene fatto in luoghi pubblici, davanti al condannato costretto a tenere al collo un cartello con il suo nome e il tipo di crimine da lui commesso. Agli imputati è spesso negato il diritto ad un legale. In Arabia Saudita i processi capitali non rispettano gli standard internazionali per processi equi e viene spesso negato all'imputato il diritto di avvalersi dell'assistenza legale. Le accuse si basano spesso su confessioni estorte sotto tortura. In Egitto centinaia di condanne sono state emesse da tribunali militari e i processi non rispettano gli standard internazionali. Quando
la pena di morte viene usata in modo strumentale
In molti Paesi
mantenitori, la pena di morte viene comminata esclusivamente per il
reato di omicidio. Ma, in molti altri, viene utilizzata anche come strumento
di repressione politica o per eliminare addirittura fasce sociali considerate
"pericolose".
Vi sono addirittura alcuni Paesi, come la Cina o l'Iraq, che prevedono espressamente la morte per reati politici come quelli associativi. Ancora più spesso, gli oppositori politici vengono deliberatamente condannati per reati mai commessi e senza la possibilità di avvalersi di tutte le garanzie procedurali e sostanziali di uno Stato di diritto. In Cina si continua ad estendere il numero di reati che prevedono la pena di morte. Sono 68 i crimini per cui è prevista oggi la suddetta pena e sempre più persone vengono giustiziate per crimini non violenti. In Unione Sovietica negli ultimi 30 anni sono state eseguite 21.000 condanne a morte e molte di queste inflitte per reati politici o economici, per commettere i quali non si era ricorso alla violenza. Molti politici, di molte parti
del mondo, sostengono che l'opinione
pubblica sia favorevole alla pena
di morte. Negli Stati Uniti molti
Governatori durante le campagne
elettorali si fanno garanti del
suo mantenimento proprio nella
certezza di trovare ampi consensi.
I condannati
a morte negli Stati Uniti
Ancora oggi,
come nel passato, la pena di morte finisce con il colpire soprattutto
i più deboli e vulnerabili, vale a dire i poveri, i malati di
mente, i minorenni e coloro che appartengono a minoranze razziali, religiose
o etniche. Più del 40% dei condannati negli Stati Uniti sono
neri, nonostante i neri costituiscano solo il 12% della popolazione.
L'etnia della vittima di omicidio e quella del suo assassino condizionano
l'intero iter giudiziario, dalla composizione della giuria fino all'emissione
del verdetto, mentre la metà delle vittime di omicidi sono neri,
quasi l'83% dei condannati a morte hanno assassinato un bianco. Molte
persone affette da ritardi o malattie mentali sono in attesa di esecuzione,
nonostante la risoluzione 1989/64 del Consiglio economico e sociale
delle Nazioni Unite raccomandi "l'eliminazione della pena di morte
per coloro che soffrono di malattie mentali o che hanno capacità
mentali estremamente limitate". Negli Stati Uniti possono essere
condannati a morte e giustiziati anche coloro che erano minorenni al
momento del reato. La pena di morte per i minorenni all'epoca del reato
è prevista in 24 dei 38 Stati mantenitori e, in alcuni casi,
non viene neppure introdotta nel dibattimento, in quanto circostanza
attenuante, la giovane età dell'accusato e il contesto ambientale
in cui può essere maturato il reato. La maggior parte dei minorenni
condannati all'esecuzione capitale proviene da un ambiente degradato
e si porta dietro una storia personale fatta di violenze, abusi sessuali,
carenze affettive e precocissimo avvio alla droga e all'alcool.
L'Italia
un paese abolizionista
Con la legge
n. 589 del 13 ottobre 1994, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del
25 ottobre 1994, l'Italia è diventata un Paese totalmente abolizionista.
Questo risultato è stato ampiamente determinato da una campagna
lanciata dalla Sezione Italiana di Amnesty International nel 1989, cui
hanno aderito esponenti delle istituzioni, singole personalità
e organizzazioni abolizioniste laiche e religiose. L'Italia era già
stata un Paese abolizionista per quasi 40 anni, dal 1889 (adozione del
Codice Zanardelli) al 1926 (anno della reintroduzione della pena di
morte per alcuni reati contro lo Stato). Il codice penale del 1931 estese
l'applicazione della pena capitale a una serie di reati comuni. Nel
1944, il decreto legge n. 159 del 27 luglio introdusse la pena di morte
per i reati di fascismo e collaborazione con i nazifascisti, mentre
il decreto legge n. 224 del 10 agosto la abolì per tutti i reati
previsti dal codice penale del 1931. Il 10 maggio 1945, col decreto
legge n. 234, la pena di morte entrò in vigore quale misura eccezionale
e temporanea di mantenimento dell'ordine pubblico. Dal 25 aprile 1945
al 5 marzo 1947 vi furono 88 esecuzioni di collaborazionisti. Le ultime
tre fucilazioni in Italia ebbero luogo nel marzo del 1947.
La pena di morte venne abolita per i reati comuni e per i reati militari commessi in tempo di pace dalla Costituzione del 27 dicembre 1947, il cui articolo 27 recita: "Non è ammessa la pena di morte tranne che per i casi indicati dalle leggi militari in tempo di guerra", casi che non sono più previsti a seguito della legge del 1994: A partire dalla fine del 1994, l'Italia ha svolto un ruolo di primo piano a livello internazionale, sollevando il problema della pena di morte nell'ambito delle relazioni bilaterali e proponendo a più riprese, in varie sedi intergovernative, l'adozione di politiche e misure abolizioniste. La tendenza
mondiale verso l'abolizione
Negli ultimi
anni si è delineata sempre più chiaramente una tendenza
mondiale verso l'abolizione della pena di morte che fa ben sperare per
il futuro e dà forza al movimento abolizionista: la pena di morte
è stata abolita per tutti i reati o solo per i reati comuni in
Azerbaijan, Belgio, Bolivia, Bosnia Erzegovina, Estonia, Georgia, Nepal,
Polonia e Sud Africa. Federazione Russa, Kazakhstan e Kyrgystan hanno
fortemente limitato l'uso della pena capitale. Nel 1997 una revisione
del codice penale cinese ha portato all'abolizione delle condanne a
morte con sospensione di due anni per i minori di 18 anni; tale abolizione
rientrava tra gli scopi di una campagna contro la pena di morte in Cina,
lanciata da Amnesty International nel settembre del 1996.
A livello europeo, il Consiglio d'Europa ha stabilito nel 1994 che una moratoria sulle esecuzioni, in vista dell'abolizione, sia un prerequisito per diventare uno Stato membro. Nel giugno 1998 l'Unione Europea ha dichiarato che l'abolizione della pena di morte nel mondo è uno degli obiettivi della sua politica estera. Infine molti Stati abolizionisti europei e non, tra cui l'Italia, hanno istituito la prassi di non estradare persone verso Paesi ove potrebbero essere condannate a morte, oppure di farlo solo dopo aver ottenuto precise garanzie che non verrà inflitta la pena capitale. Lo Statuto dei due Tribunali istituiti dalla Nazioni Unite sui crimini commessi nella ex Yugoslavia e nel Ruanda nonché quello della Corte Penale Internazionale Permanente istituita a Roma nel luglio 1998 non prevedono la pena di morte. L'attuale scenario internazionale è senza dubbio incoraggiante e il movimento abolizionista mondiale ha raggiunto risultati insperati. Resta però ancora molto da fare e serve il sostegno e l'aiuto di tutti Itinerari didattici
Itinerario n.1: La proposta didattica
sulla pena di morte interessa varie discipline: storia, geografia, italiano
e letteratura in genere, filosofia, diritto, educazione civica, religione.
Le finalità della proposta potrebbero essere:
- sotto il profilo cognitivo, la scoperta delle matrici ideologiche per cui si giustificano determinate pratiche (mediante l'informazione, la ricerca, l'individuazione dei contesti culturali); - sotto il profilo educativo, il superamento di atteggiamenti moralistici (lo stereotipo civiltà-barbarie, ecc..) attraverso la disponibilità alla documentazione e alla ricerca personale, l'attenzione ai problemi del prossimo che è "distante", la capacità di assumere atteggiamenti coerenti di fronte a situazione e a temi analoghi. Questo itinerario prevede sette tappe, distinte per contenuti ed obiettivi: 1) Riflessione su morte naturale e morte
violenta
Metodo Lettura ed analisi di alcuni testi Strumenti didattici L Tolstoj, Tre morti in Racconti, Einaudi 1962 E. Lee Master, Antologia di Spoon River, Einaudi 1962 Ultime lettere di Stalingrado, Einaudi 1971 F. Kafka, Il Processo (le pagine finali), Adelphi 1973 L.V. Thomas, Antropologia della morte, Garzanti 1976 P. Aries, La morte in Occidente, Laterza 1981 2) La storia di un condannato a morte
Metodo Lettura ed analisi di alcuni testi Strumenti didattici V. Hugo L'ultimo giorno di un condannato, Rizzoli 1956 C. Chessman Cella 2455 Braccio della morte, Rizzoli 1954 Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana, Einaudi 1952 3) Acquisizione di una prospettiva storica
sulla pratica della pena capitale: a) il taglione.
Metodo Analisi e contestualizzazione di fonti storiche Strumenti didattici Genesi 9, 1-7 Esodo 21, 12-25 Levitico 24, 15-23 Matteo 5, 38-41 Codice di Hammurabi, 196-201 XII Tavole V, 2-3 Corano ,Sura 2, 178s; 5, 45; 17, 33 R. Girard Culture "primitive", giudaismo, cristianesimo in AA. VV., La pena di morte nel mondo, Marietti 1983 pagg. 75- 86 Pena di morte e tortura, "Concilium" 1978 n. 10 b) la pena di morte nell'ancien régime Strumenti didattici Descrizione di un'esecuzione capitale come in Voltaire Histoire du Parlement de Paris cap. 67 L. Foucault Sorvegliare e punire, Einaudi 1976 4) La pena di morte oggi: geografia
Metodo Ricerca ed analisi di articoli di stampa e fotografie; studio, aggiornamento, integrazione e sviluppo di una carta tematica Bibliografia Amnesty International, Un errore capitale, Edizioni Cultura della Pace 1995 5) Conoscenza delle argomentazioni pro
e contro la pena di morte nel passato e nel presente
Metodo Lettura di testi e discussione Proiezione e dibattito su un film Sondaggio di opinione nell'ambito della scuola o del quartiere con elaborazione del questionario dei dati Ideazione grafica e di contenuto di un manifesto contro la pena di morte Strumenti didattici C. Beccaria, Dei delitti e delle pene, Einaudi 1978 N. Bobbio Contro la pena di morte, Amnesty International 1981 6) La Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e la sua rilevanza in ordine all'abolizione della pena di morte Metodo Lettura della Dichiarazione e analisi degli articoli più pertinenti Strumenti didattici Videocassetta di Amnesty International "Human rights" 7) Interventi operativi su situazioni attuali Metodo Lettere da concordare con Amnesty International, rivolte ad Autorità Bibliografia Materiali della campagna permanente di Amnesty International contro la pena di morte Itinerario n. 2:
1) Motivazioni generali: a) la pena di morte, ancora ampiamente praticata nel mondo, viola il diritto alla vita e si presenta quindi come questione cruciale in relazione al tema della salvaguardia dei diritti umani; b) la pena di morte è un residuo del passato, connesso alle concezioni assolute o dispotiche del potere; c) la pena di morte è contraddittoria rispetto allo Stato di diritto ed alla finalizzazione riabilitativa della pena e foriera di degenerazioni arbitrarie. 2) Considerazioni generali introduttive: a) si definisce la pena di morte, distinguendola tra l'altro dalle varietà di esecuzioni extragiudiziali riscontrabili nella società politica odierna; b) si evidenziano gli aspetti emotivi e in genere irrazionali, che sono diffusamente presenti come inquinanti e/o fuorvianti, e si esercita un forte appello alla razionalità degli individui e dei poteri costituiti; c) si precisa come questione di principio - escludente dunque ogni possibile deroga - l'avversione alla barbara usanza della "uccisione legale"; d) il lavoro può essere indicativamente preceduto anche dalla considerazione di uno o più "casi" giudicati esemplari e stimolanti. 3) Obiettivi fondamentali da definire: a) conoscenza e consapevolezza della questione nel quadro della problematica generale dei diritti umani; b) suggerimento che la pena di morte, in quanto "violazione più grande", non si può trattare come atto o fatto a sé stante, ma va considerata nella prospettiva e nell'impegno di liberare gli esseri umani da ogni "punizione crudele, inumana o degradante". 4) Articolazione del percorso in sei unità didattiche: Unità 1 - La pena di morte nella
storia e nella cultura del passato
1.1 - Con la società nascono le pene 1.2 - La pena di morte nell'antichità 1.3 - Cristianesimo e società medievale europea 1.4 - Islamismo e pena di morte 1.5 - La cultura rinascimentale e lo Stato moderno 1.6 - Dibattiti e contraddizioni dell'Illuminismo 1.7 - Ottocento e Novecento: una questione sempre aperta Unità 2 - La pena di morte oggi:
controversie e geografia
2.1 - Il pro e il contro 2.2 - Le esecuzioni: dove 2.3 - Le esecuzioni: quante 2.4 - Le esecuzioni: come 2.5 - Le esecuzioni: perché Unità 3 - Il fascino oscuro e tragico
della deterrenza
3.1 - Significato del termine 3.2 - Due concezioni contrastanti 3.3 - Elementi specifici della deterrenza Unità 4 - Diritti umani: la violazione
più grande
4.1 - Pena di morte e diritto alla vita 4.2 - Pena di morte e intolleranza 4.3 - Pena di morte e rivoluzione 4.4 - Pena di morte e lotta di classe 4.5 - Pena di morte e discriminazioni razziali Unità 5 - La legislazione internazionale
sulla pena di morte
5.1 - La dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo 5.2 - Il Patto Internazionale sui diritti Civili e politici 5.3 - La risoluzione 1984/50 dell'ECOSOC 5.4 - La Convenzione Interamericana dei Diritti dell'Uomo 5.5 - Le Convenzioni di Ginevra 5.6 - La Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo Unità 6 - Che cosa si può
fare contro la pena di morte?
6.1 - L'azione della Organizzazioni non-governative (Amnesty International - Movimento Internazionale per la Riconciliazione - Movimento Nonviolento, Nessuno Tocchi Caino) 6.2 - Mobilitazione dell'opinione pubblica. Bibliografia
E. e J. Rosenberg, Lettere dalla casa
della morte, Editori Riuniti, Roma 1953
P. Malvezzi e G. Pirelli, Lettere di condannati
a morte della Resistenza europea, Einaudi, Torino 1954
A. Camus e A. Koestler, La pena di morte,
Newton Compton, Roma 1981
La pena di morte nel mondo - Convegno
internazionale di Bologna (28-30 ottobre 1982), Marietti, Casale Monferrato
(AL) 1983
R. Held, Guida bilingue alla Mostra di
strumenti di tortura dal Medioevo all'epoca industriale, Edizioni Qua
d'Arno, Firenze 1983
A. Giaggione, a cura di, L'albero di Tyburn:
la pena di morte e gli intellettuali, Shakespeare & company, Milano
1984
A. Bondolfi, Pena e pena di morte, Edizioni
Dehoniane, Bologna 1985
N. Christie, Abolire le pene? Il paradosso
del sistema penale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985
Amnesty International, Rapporto sulla
pena di morte nel mondo: quando lo Stato uccide
, Hoepli, Milano
1989
D. Molino, M. Novarino, C. Ottino, Pena
di morte, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1989
J. Grisham, L'appello, Mondadori, Milano
1994
Amnesty International (a cura di A. Marchesi),
Un errore capitale. Il dibattito sulla pena di morte, Ed. Cultura della
Pace, San Domenico di Fiesole (FI) 1995
Sister Helen Prejean (a cura di M. Marazziti),
Non uccidere: perché è necessario abolire la pena di morte,
Guerini e associati, Milano 1998
Filmografia
GIUSTIZIA E' FATTA - A. Cayatte, Francia
1950
E' la storia di un emblematico caso giudiziario. UN CONDANNATO A MORTE E' FUGGITO - R.
Bresson, Francia 1956
Francia 1943: l'evasione di un partigiano da un carcere nazista offre l'occasione per un'indagine sulla forza di reazione dell'uomo, sul suo insopprimibile istinto di vita. L'AFFARE DELLA SEZIONE SPECIALE - C. Costa-Gravas,
Francia 1975
Parigi 1941: un tribunale speciale allestisce un processo-farsa per condannare a morte alcuni francesi, ma l'ingiusto meccanismo si inceppa. HOUSTON TEXAS - F. Reichenbach, Francia
1979
L'odissea di un giovane accusato dell'omicidio di un poliziotto. Il film è un atto di accusa contro la pena di morte. CONDANNATO A MORTE PER MANCANZA DI INDIZI
- P. Hyans, USA 1983
Un tribunale privato esegue sentenze di morte là dove la giustizia è costretta a fermarsi. E se si scopre che il condannato è innocente? BALLANDO CON UNO SCONOSCIUTO - M. Newell,
Gran Bretagna 1985
Ricostruisce la vicenda di Ruth Ellis, l'ultima donna condannata a morte in Inghilterra. IL DECALOGO 5 - K. Kieslowski, Polonia
1988/1989
E' un'efficace illustrazione del comandamento "non uccidere". PORTE APERTE - G. Amelio, Italia 1990
Il processo ad un pluriomicida di Palermodiventa per un giudice l'occasione per sfidare il codice Rocco. CONFORTORIO - P. Benvenuti, Italia 1992
Tortura e esecuzione di due ebrei, nella Roma del XVIII secolo. DEAD MAN WALKING - T. Robbins, USA 1995
E' ispirato ad una storia realmente accaduta: le vicende di una suora cattolica e del suo sconvolgente incontro con un omicida detenuto in un carcere di massima sicurezza. IL MIGLIO VERDE - F. Darabont, USA 1999
Collana "I tascabili
di Palazzo Lascaris"
Direzione Comunicazione
Istituzionale dell'Assemblea RegionaleAmbientato negli anni Trenta è un film incentrato sul rapporto che si instaura tra un secondino e un condannato di un penitenziario americano. Direttore: Luciano Conterno Settore Informazione Dirigente: Marina Ottavi Cura redazionale di Gianni Boffa |
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