Europa, migranti, frontiere. Diritti fondamentali e accoglienza dei profughi nell’Unione europea
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dalle contingenze interessate delle logiche nazionali, sia per operare chiare scelte politiche nel
quadro dei diritti.
D a l l e p e r s one a l l e f r on t i e r e : i l p a s s a g g i o - c h i a v e de l l ’ o r i en t amen t o
s e c u r i t a r i o d e l l ’ E u r o pa i n t e r g o v e r n a t i v a
Definiamo
orientamento securitario
l’insieme delle politiche e delle strategie adottate
dagli stati dell’Ue dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso per affrontare i flussi migratori
in provenienza da paesi terzi. Si tratta di un’impostazione che ha operato un sostanziale cambio
di orizzonte, mettendo al centro della sicurezza, anziché le persone, le frontiere esterne dei
Paesi dell’area Schenghen, che, a differenza di quelle comuni interne, sono rimaste soggette
all’azione dei sistemi di controllo nazionali
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. Tali frontiere, nel corso dell’ultimo decennio, sono
divenute sempre più permeabili ai flussi dei migranti (in molti casi, profughi), trasformandosi
frequentemente in teatri di drammatici naufragi. Proprio per questa ragione, le pressioni
migratorie sono risultate un fattore di grande criticità per i sistemi di sorveglianza dei confini
esterni, al punto da catalizzare provvedimenti e ingenti sforzi di persone e mezzi per il loro
rafforzamento.
Questo passaggio ha finito per mettere in subordine, nei fatti, quanto formulato nella Carta
di Nizza, dando corso a un approccio che guarda alle migrazioni come a un fenomeno
contingente da arginare, facendo prevalere classificazioni funzionali a una visione
essenzialmente
legalistica
e assai poco congruenti alla sua reale configurazione. Le migrazioni
non sono, infatti, prioritariamente considerate secondo i loro fattori di spinta (p. es.,
suddividendole in
volontarie
o
forzate
), bensì secondo criteri (nazionali) di legalità
relativamente agli ingressi e alle permanenze dei migranti nei diversi paesi Ue. In altre parole,
interessa poco conoscere la tipologia dei flussi, mentre appare essenziale considerare la
conformità degli arrivi rispetto alle normative nazionali.
Si tratta di una concezione disomogenea, che antepone la pluralità (e la variabilità) delle
legislazioni dei diversi Stati a qualsiasi dispositivo comune e sovranazionale di gestione del
fenomeno e che spiega, almeno in parte, il fallimento dei tentativi di risposta unitaria dell’Ue
alla crisi dei profughi (pensiamo soltanto alle grosse difficoltà di attuazione incontrate dal
CEAS,
Common European Asylum System
, postulato sin dal 1999 o, più recentemente, dalla
European Agenda on Migration
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, adottata dalla Commissione europea nel maggio 2015 e
sostanzialmente non recepita dagli Stati membri).
Non solo. Le legislazioni nazionali in materia di visti e soggiorno per stranieri di paesi terzi
4
La gestione delle frontiere interne ed esterne dei Paesi dell’area Schenghen segue quanto stabilito dal
Capo 2 del Titolo V del
Trattato sul Funzionamento dell’Ue
(TFUE), dalla
Convenzione di applicazione
dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985
(1990) e dai successivi Regolamenti attuativi. In particolare, si
ricordano il Codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle per-
sone, denominato
Codice frontiere Schenghen
(Regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e
del
Consiglio,
adottato
il
15
marzo
2006).
Cfr.: