Per una politica europea di asilo, accoglienza e immigrazione
Presidente Centro d’Iniziativa per l’Europa del Piemonte
Diritto alla vita. Divieto di tortura. Diritto di lasciare un Paese. Divieto di
discriminazione. Libertà di circolazione. Diritto all’integrità fisica. Diritto alla
salute. Diritto a una nazionalità. Libertà di opinione e di espressione. Libertà
religiosa. Diritto d’asilo. Libertà personale. Diritto a vivere in famiglia. Diritto
all’istruzione. Divieto di estreme forme di sfruttamento e di schiavitù. Non è la
citazione disordinata di articoli di Convenzioni internazionali e Carte
costituzionali: è un parziale elenco di diritti e libertà della cui violazione soffrono
donne e uomini, bambine e bambini che hanno una sola cosa in comune: sono
migranti.
Quando parliamo di diritti fondamentali dei migranti nell’Unione europea la
nostra attenzione si concentra, quasi in modo istintivo, sulle libertà e i diritti che
sono riconosciuti, e spesso però non effettivamente garantiti, ai residenti che non
siano cittadini europei. È comprensibile e necessario; tuttavia corrisponde a una
visione ristretta del ruolo, dei compiti e degli obblighi dell’Ue e a una certa
confusione su che cosa significhi un “approccio basato sui diritti” nei confronti
dell’immigrazione da paesi terzi.
I due decenni trascorsi hanno visto la sostanziale trasformazione di paesi
come il nostro da origine in destinazione dei flussi migratori. Altri paesi, pur di più
lunga tradizione come terre d’accoglienza per gli immigrati, hanno faticosamente
assunto e riconosciuto la consapevolezza d’esser tali: è accaduto, con tempi,
modalità e implicazioni diverse, in Germania, Svezia, nella stessa Francia.
Nonostante questo, il fenomeno delle migrazioni è stato per lungo tempo osservato
solo in una dimensione assai parziale nello spazio e nel tempo: soltanto per lo
spicchio del flusso migratorio globale che si dirige verso i nostri paesi, largamente
minoritario come è ormai noto; soltanto per quel tratto di percorso che conduce
dall’ultimo luogo di partenza, sia esso la Libia, la Turchia o l’Ucraina, alle frontiere
esterne dell’Europa. Nel corso dell’ultimo lustro, anche per effetto dell’incremento
significativo dei movimenti migratori determinato dalla ripetute crisi politiche,
economiche, sociali e ambientali che hanno percorso il pianeta e in modo
particolare il Nord Africa e il Vicino Oriente, l’orizzonte si è ampliato nella nostra
consapevolezza.
In modo ancora parziale e confuso è apparso con evidenza che ad accogliere
migranti, specie profughi, sfollati, rifugiati e potenziali o attuali richiedenti asilo,
sono innanzitutto i paesi del sud del mondo: si pensi al Libano, paese di quattro
milioni di abitanti che ospita oltre un milione di rifugiati siriani. Allo stesso tempo
l’attenzione, pur non sempre positivamente connotata, dei media verso il racconto
dei viaggi affrontati dai migranti per raggiungere l’Europa ha diffuso la conoscenza
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