Per una politica europea di asilo, accoglienza e immigrazione - page 23

Per una politica europea di asilo, accoglienza e immigrazione
La detta emarginazione ha provocato una prima conseguenza, emersa già nel
corso del decennio passato, in termini di rivolte giovanili in Francia (rivolta delle
banlieue, 2005) o d’intolleranza religiosa nel Regno Unito (attentati, 2004) e in
Olanda (assassinio del regista Theo van Gogh, 2004). Le adesioni alle sirene dello
Stato islamico e della pratica terroristica ne sono la seconda conseguenza.
Ovviamente, questi episodi manifestano il fallimento delle pretese politiche di
multiculturalismo, in verità mai praticate seriamente a parte il cosiddetto
“multiculturalismo da boutique” caratterizzato dalla nascita di negozi e ristoranti
etnici.
Va quindi sottolineato con chiarezza che in Europa l’approccio
all’integrazione non c’è mai stato. Nel Regno Unito, in Belgio, in Olanda è prevalsa
la linea di concedere la massima autonomia alle comunità immigrate dagli ex
imperi coloniali nell’ambito dei loro quartieri d’insediamento. Le relazioni
familiari, civili, religiose e culturali, sono state lasciate libere di svilupparsi
secondo le tradizioni di provenienza ed è stato anche praticato il silenzio
sull’applicazione della sharia tra gli islamici. In Francia si è invece puntato
all’integrazione sulla base dei valori della cultura francese e dei suoi contenuti
universali, senza valutarne la contraddizione con la ghettizzazione praticata di
fatto nei confronti dell’immigrazione araba e africana, in particolare. In Germania,
poi, per tutta la seconda metà del secolo scorso, è prevalsa l’affermazione del
carattere temporaneo della permanenza nel paese, condizione sintetizzata
nell’espressione
Gastarbeiter
(lavoratore ospite) con la quale era definito lo status
dell’immigrato. Solo nel primo decennio del nuovo millennio, il governo tedesco
rosso-verde Schröder-Fischer ha varato la nuova normativa sull’immigrazione
offrendo l’opzione della cittadinanza per i lavoratori stranieri stabilmente
residenti e per i loro figli nati nella Repubblica federale.
In Italia e Spagna, infine, si sono affermate politiche d’immigrazione ancorate
alla concessione di permessi di lavoro ed è stata resa più difficile l’acquisizione
della cittadinanza nazionale ai cittadini extracomunitari stabilmente residenti.
5.
La destabilizzazione delle aree di prossimità
A fronte del fallimento/dell’assenza delle politiche di multiculturalismo e
d’inclusione, ai fini della crisi identitaria che investe sia gli europei sia gli
immigrati, occorre considerare i nodi irrisolti delle aree di prossimità dell’Europa.
Queste sono l’area dell’ex URSS, il Mediterraneo e l’Africa.
L’area dell’ex URSS risente delle difficoltà della transizione all’economia di
mercato, dopo il crollo del muro di Berlino, e della guerra civile in Ucraina. Essa
alimenta un proprio flusso migratorio, in particolare di ucraini occidentali
1
, verso i
paesi dell’Europa centrale soprattutto (Polonia, Germania). L’area che invece
incide in modo critico sul fenomeno immigratorio è data da quello che possiamo
definire il Mediterraneo allargato. Quest’area, una vera e propria area di crisi, si
spinge fin verso l’Afghanistan, la penisola arabica, la regione del continente
1
Gli ucraini delle regioni orientali, filo russi o russofoni, emigrano in Russia.
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