Per una politica europea di asilo, accoglienza e immigrazione
6.
Come rispondere alla sfida degli “sbarchi”. La stabilizzazione delle
aree di prossimità
A fronte delle situazioni locali descritte, intervenire in mare significa
intervenire solo sull’ultimo tratto del percorso tragico che porta migliaia di
persone a fuggire dalla fame, dalle carestie, dalle guerre, da dittature spietate e
movimenti terroristici. C’è anche la pressione demografica colossale che preme
sulle sponde del Mediterraneo a fronte della caduta del tasso di natalità europeo.
L’Italia non è il solo paese di approdo di un enorme flusso umano che cerca
asilo e accoglienza, pace, sicurezza, benessere, sopravvivenza, un futuro. Anche
Grecia, Malta, Spagna sono sottoposte alle stesse pressioni migratorie. Ma
soprattutto ci sono “percorsi della speranza” gestiti dalla criminalità internazionale
che portano sulle rive del Mediterraneo questa umanità dolente e disperata.
Gruppi criminali, collusi con le forze di controllo locali, che percepiscono somme
elevate per trasportare poveri esseri in fuga sulle rive del Mare Nostrum, che li
raccolgono poi in vere e proprie carceri, soprattutto in Libia, prima di offrire loro
precarie condizioni di attraversamento del mare su imbarcazioni fatiscenti oppure
su traghetti di linea grazie ad autotrasportatori compiacenti, pronti a nasconderli
tra la merce caricata, come rivelato dalla tragedia del traghetto Norman Atlantic. E
ci sono connivenze e organizzazioni criminali che favoriscono i trasferimenti di
immigrati attraverso l’Europa verso le destinazioni più attraenti per prospettive
occupazionali o di asilo.
Siamo di fronte a una tragedia umanitaria che stride con le Convenzioni
internazionali sulla tutela dei diritti umani, firmate dai nostri Stati. Che stride con
la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Siamo di fronte a un vero e
proprio traffico di esseri umani, uomini, donne, minorenni, di fronte al quale non è
possibile volgere lo sguardo altrove o invocare soluzioni parziali. Non sono
possibili soluzioni nazionali data la natura del fenomeno. Non basta organizzare
efficaci salvataggi in mare. Vanno invocati interventi e responsabilità nazionali,
europei, dei paesi di provenienza e mondiali.
Come intervenire? Ci sono cose che si possono fare subito e altre che
richiedono tempo.
Certamente può essere riformata l’operazione europea “Triton” per farla
aderire agli standard risultati più efficaci dell’operazione “Mare Nostrum”, già
condotta dall’Italia. Ma ciò non basta perché occorre intervenire a monte del
fenomeno in Africa e in Medio Oriente, alle radici della crisi con una molteplicità di
iniziative e strumenti da costruire.
I passi necessari possono essere elencati a fini di orientamento e richiedono
interventi di politica interna comunitaria e iniziative innovative di politica estera e
di sicurezza che possono così essere sintetizzate:
1. Introdurre il voto a maggioranza nelle decisioni relative alla politica estera
e di sicurezza dell’Unione Europea e ricondurre tale politica nelle competenze
proprie della Commissione e del Parlamento europeo. Non sfugge a nessuno che
occorre passare attraverso una riforma dei trattati, ma non si può ignorare la sfida
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