Per una politica europea di asilo, accoglienza e immigrazione - page 29

Per una politica europea di asilo, accoglienza e immigrazione
7. Il modello del “processo di Helsinki” per aprire il dialogo con il M.O. e
l’Africa
Sul piano della politica estera e di sicurezza, per avviare il dialogo con le
autorità dei paesi arabi e africani disponibili, il modello è fornito dal processo di
Helsinki (1973) che ha portato alla creazione dell’Organizzazione per la sicurezza e
la cooperazione in Europa (OSCE), organismo comunque da rafforzare. È chiaro
che nel rapporto con la Lega Araba occorre coinvolgere Israele offrendo a Tel Aviv
garanzie credibili per la sua sicurezza, di protezione e di cooperazione per le intese
con i paesi arabi. Un discorso analogo va fatto con l’Unione Africana che già
possiede un minimo di organizzazione ed è impegnata in operazioni di
peace
keeping
sul proprio continente. Entrambe le iniziative dovrebbero trovare la
legittimazione dell’ONU per favorire non solo la cooperazione bilaterale economica
ma anche quella per la sicurezza, il contrasto della criminalità organizzata e della
corruzione (oltre al traffico di esseri umani, c’è anche lo sfruttamento della
prostituzione, i traffici della droga, degli organi umani, dei capitali illeciti e delle
armi). Entrambe dovrebbero essere gli assi portanti di una politica europea di
aiuto allo sviluppo che razionalizzi l’impiego delle risorse, dia impulso unitario a
progetti a favore dei paesi in sviluppo in M.O. e in Africa, e possibilmente coinvolga
gli stessi immigrati nei progetti di cooperazione che interessano i loro paesi di
origine.
Il modello del processo di Helsinki può fare da battistrada per i rapporti
mediterranei che dovrebbero essere riorganizzati con la convocazione di una
Conferenza per la pace e la cooperazione, aperta alla partecipazione di UE, Israele,
paesi arabi, Stati Uniti, Russia, Lega Araba e Nazioni Unite.
Il nuovo percorso potrebbe essere convocato a Gerusalemme e assumerne il
nome.
I punti da porre all’OdG dei lavori dovrebbero essere la pace, la sicurezza e la
democrazia, oltre a quelli già indicati nel Processo di Barcellona (1995) e
dall’Unione per il Mediterraneo (UpM-2008). I supporti storici per una nuova
politica possono essere espressi dalla Dichiarazione di Venezia del 1980 (fu alla
base delle trattative e degli Accordi di Oslo del 1993 che portarono in seguito alla
nascita dell’Autorità nazionale palestinese) e il piano “terra per la pace” della Lega
Araba del marzo 2002. L’Unione per il Mediterraneo già dispone di organismi
finanziari, come il FEMIP (
Facility for Euro-Mediterranean Investment and
Partnership
, assistito dalla BEI) e progetti infrastrutturali nei settori dei trasporti,
dell’acqua e della diversificazione energetica. Potrebbe disporre delle risorse
procurate dalla rendita petrolifera attratte dagli investimenti in Fondi di sviluppo
in euro copartecipati dall’UE e dai paesi del Golfo. A fronte dello stato
insoddisfacente della cooperazione va, tuttavia, rilevata la mancanza di una reale
volontà politica europea, riconducibile agli interessi divergenti degli Stati europei
nell’attuale quadro intergovernativo, e quindi all’assenza di una politica estera e di
sicurezza unica di competenza esclusiva di un governo federale europeo.
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