Per una politica europea di asilo, accoglienza e immigrazione
africano compresa tra il Mediterraneo, il Corno d’Africa e il Golfo di Guinea e
richiede un esame dettagliato.
La sua destabilizzazione è l’eredità malata del colonialismo, dell’equilibrio
bipolare e dell’intervento degli Stati Uniti in Afghanistan e in Iraq. Tutti hanno
impedito al mondo arabo di partecipare alla modernità, alla rivoluzione industriale
e democratica. Il Medio Oriente è stato reso permanentemente instabile dalle
piaghe storiche costituite dalla disuguaglianza sociale, dal problema israelo-
palestinese e del dominio “coloniale” occidentale determinato dall’estrazione
d’idrocarburi.
Infatti, il primo problema da sottolineare, e che è sempre trascurato, è
proprio la questione sociale.
Il Kuwait, gli Emirati del Golfo, il Qatar e l'Arabia Saudita sono paesi in cui
una piccola élite detiene ricchezze incalcolabili accumulate grazie alla rendita
petrolifera e al lavoro di un esercito di diseredati – in genere immigrati provenienti
da paesi islamici poveri e sovrappopolati – privati dei diritti più elementari. Siamo
in presenza dei casi più estremi di sfruttamento e d’ingiustizia sociale del pianeta
1
.
Le petro-monarchie del Golfo, e in particolare l’Arabia Saudita, per contenere
possibili rivolte sociali domestiche ed evitare l’affermazione di movimenti politici
antagonisti nell’area si sono ancorate ai valori tradizionali dell’islamismo wahabita
e finanziano da tempo e ovunque moschee e movimenti fondamentalisti, come la
Fratellanza musulmana, e l’assistenza caritativa, quale modello di un islam solidale
in supplenza di un welfare pubblico inesistente. A questo si aggiunge, da parte di
settori interni oscurantisti, il finanziamento di movimenti terroristici come
al
Qaida
, che hanno catturato il consenso di vaste aree delle popolazioni arabe con la
loro predicazione religiosa e la prospettiva della Jihad come lotta di liberazione
dall’Occidente, soprattutto dopo l’invasione dell’Iraq nel 2003.
I tentativi d’industrializzazione e di modernizzazione condotti in Egitto, Siria,
Iraq durante la guerra fredda hanno risentito dell’influenza sovietica e hanno
diffuso la creazione di industrie di Stato controllate dai clan al potere. Inoltre,
particolare recente in genere trascurato, va presa in considerazione la
globalizzazione e la diffusione della “deregulation” mercatistica che ha indotto,
dopo il crollo del muro di Berlino, diversi paesi arabi a liberalizzare l’economia, a
favorire gli investimenti stranieri e la speculazione, determinando la crisi di
vecchie attività artigianali e commerciali, la crescita delle disuguaglianze sociali e
della corruzione, l’aumento dei prezzi interni e il crollo dei salari e
dell’occupazione in presenza di crescita demografica. Infatti, la rivolta delle piazze
arabe del 2010, a Tunisi, al Cairo, ad Algeri fu inizialmente una rivolta per il prezzo
del pane. Successivamente e rapidamente si affermarono le istanze della
“primavera araba” - modernizzazione, Stato democratico e di diritto, Stato sociale –
rimaste sostanzialmente inevase a parte nel caso della Tunisia.
1
Cfr. Gianluca Parolin e Elena Sabatino,
Migrations et droit de cité dans les pays du Golfe
, in “Terra
Cognita” 17/2010.
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