Per una politica europea di asilo, accoglienza e immigrazione
assistenza allo sviluppo. E’ il meccanismo che è stato adottato dalla Germania da
alcuni decenni e che le ha permesso di contenere nel paese il numero degli
immigrati che imponevano costi sociali crescenti e reazioni popolari xenofobe e di
aprire, allo stesso tempo, le porte all’”immigrazione di talenti” di cui sentiva il
bisogno. Ciò permette di individuare quindi un primo fattore a favore di una
politica estera di stabilizzazione delle aree di prossimità del Mediterraneo e
dell’Africa cui si aggiungono i fattori politici ancora più incisivi della
riorganizzazione e della promozione sociale e civile.
4.
L’assenza di politiche d’inclusione e le crisi identitarie
In questo contesto di crescenti difficoltà politiche, economiche e
occupazionali, le resistenze razziali e sociali della popolazione autoctona, mai
sopite, sono emerse con vigore. Non solo il sistema produttivo non esprime la
stessa disponibilità verso la crescita della mano d’opera immigrata ma, grazie alla
globalizzazione, è venuta meno la legittimazione politica dello Stato che non riesce
più a tenere sotto controllo i processi ormai mondiali dell’economia e gli stessi
movimenti migratori. Né, d’altra parte, la crisi del processo europeo, con le
divisioni intergovernative sulla gestione del fenomeno immigratorio e di gestione
della crisi economica e finanziaria, permette di sostenere le necessarie politiche
d’inclusione e di apertura multiculturale. Anzi determina una caduta delle tensioni
valoriali – pace, libertà, benessere - che avevano sostenuto in passato il processo
europeo. Ne consegue l’affermazione del richiamo dei movimenti populistici che
agitano le bandiere della chiusura nazionale e della xenofobia se non addirittura
della chiusura regionalistica.
D’altra parte si sono pienamente evidenziati i limiti delle precedenti politiche
di accoglienza.
A livello urbano si sono create negli anni aree abitative distinte di non
integrazione condizionate dalle capacità di reddito familiare. Gli immigrati
extraeuropei si sono prevalentemente insediati nei centri storici o nei vecchi
quartieri operai progressivamente abbandonati dai loro abitanti tradizionali, o
infine nei nuovi quartieri periferici costruiti dall’iniziativa pubblica (vedi Francia)
dando luogo a una vera ghettizzazione. Questa ghettizzazione è emersa in modo
drammatico con la fine del ciclo di sviluppo industriale in Europa e l’affermazione
della società dell’informazione e della conoscenza che ha introdotto difficoltà
occupazionali e integrative per i giovani immigrati di seconda generazione. A
fronte di una domanda di lavoro qualificato sia nei servizi sia nelle produzioni
industriali stesse, sono rimasti emarginati nei paesi di più antica immigrazione
proprio i figli degli immigrati, provvisti di scarse qualificazioni e discriminati
nell’accesso al lavoro dall’origine familiare evidenziata dai loro cognomi. Una
seconda conseguenza è data dal fatto che la crisi occupazionale, il mancato
inserimento sociale, ma anche l’eclisse del processo europeo e dei suoi valori
portanti, hanno favorito l’adesione al fondamentalismo islamico, all’intolleranza
religiosa e alla rivolta identitaria contro la società occidentale.
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