Per una politica europea di asilo, accoglienza e immigrazione
un'aggressione esterna). Ciò precisato, la caratteristica fondamentale del sistema
internazionale successivo alla fine della Guerra fredda (ovviamente ricollegantesi a
sviluppi già avviati in precedenza) è rappresentata da una epocale crescita di
rilevanza dei problemi della sicurezza in senso lato rispetto a quelli della difesa in
senso stretto.
In sostanza, l'interdipendenza globale è giunta a una situazione in cui la
sicurezza dell'Europa (e del mondo intero) è minacciata da sfide esistenziali: in
particolare il terrorismo internazionale, la proliferazione delle armi di distruzione
di massa, le catastrofiche crisi economico-finanziarie, la problematica energetica,
la povertà nel mondo, le migrazioni bibliche, le emergenze ecologiche, le epidemie,
la criminalità transnazionale. L'unica politica di sicurezza in grado di affrontare in
modo valido queste sfide (che nel loro effetto combinato aprono la prospettiva di
una paurosa regressione dell'umanità e della sua stessa autodistruzione) è una
politica capace di costruire realmente un mondo più giusto e più pacifico, e cioè
una politica di unificazione mondiale.
La politica di unificazione mondiale deve avere come principio guida il
disegno (di respiro storico) della costruzione di un sistema federale mondiale
articolato, sulla base del principio di sussidiarietà, in federazioni continentali, Stati
nazionali, regioni e comunità locali. Il federalismo in effetti è l'unico sistema
istituzionale in grado di realizzare il governo democratico dell'interdipendenza.
Avendo presente il traguardo ultimo, devono d'altro canto essere chiari i
percorsi concreti di avvicinamento lungo i quali ci si deve muovere perché sia
realmente produttiva la politica di unificazione mondiale. Questi percorsi
complementari e da seguire simultaneamente sono in sostanza due.
Il primo percorso consiste nell'impegno a esportare nel mondo l'esperienza
dell'integrazione europea come modello di pacificazione, progresso economico-
sociale e democratizzazione. Questo impegno significa evidentemente favorire le
integrazioni regionali, che sono la via insostituibile per pacificare le aree
conflittuali (con la conseguente drastica limitazione delle tendenze autoritarie e
delle spese militari) e formare sistemi economici che superino le dimensioni
asfittiche dei piccoli Stati, realizzino le premesse economico-sociali della
democrazia e siano in grado di difendere efficacemente i propri interessi nel
quadro dell'economia globale. In un senso più ampio rientra in questo impegno
una politica diretta a favorire la stabilizzazione e la democratizzazione dei grandi
Stati che hanno già dimensioni continentali, come la Russia e la Cina, ma che non
sono certo grandi federazioni democratiche. L'India in parte lo è già, ma presenta
ancora rilevanti aspetti di arretratezza e deve superare il conflitto con il Pakistan, il
che può realizzarsi solo nel quadro di un'integrazione regionale che coinvolga tutto
il subcontinente indiano. In sostanza, se l'integrazione europea rappresenta un
grandioso esperimento (ancora incompiuto ma già fornito di una fortemente
istruttiva e attrattiva esemplarità) di
State-building
, cioè di costruzione dello Stato
democratico, si tratta di generalizzare questa esperienza. Ciò significa avanzare
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