Per una politica europea di asilo, accoglienza e immigrazione
dal Maghreb si aggiungono, dunque, popolazioni in fuga da situazioni belliche che
rappresentano un immediato e stringente pericolo per la loro stessa vita e che,
secondo il Diritto Internazionale, avrebbero diritto alla protezione da parte degli
stati ospitanti. In questo caso, ai fattori “economici” si sommano, com’è del tutto
evidente, la distruzione della società civile, delle infrastrutture statali, della sanità,
delle scuole, dell’approvvigionamento alimentare, del contesto abitativo. Ciò
determina il fatto che stanno scappando massicciamente, come succede in Siria,
anche settori importanti delle locali classi dirigenti e del ceto medio.
Vediamo alcuni numeri: secondo l’UNHCR, che fornisce in genere dati ritenuti
affidabili, nel corso del 2014 sono stati all’incirca 207mila i migranti che hanno
provato ad attraversare il Mediterraneo. Di questi, molte migliaia (l’UNHCR
fornisce una cifra intorno ai 3.000 che sembra notevolmente sottostimata per
quanto sia estremamente difficile avere dati affidabili) sono morti durante la
traversata. Se si pensa che nel 2011, in piena guerra in Libia, i tentativi, sempre su
stime UNHCR, erano stati circa 70 mila, risulta forse più chiaro ciò che stavamo
sostenendo. Le tendenze dei primi giorni del 2015 sembrano confermare un
ulteriore incremento del fenomeno.
Sempre nel corso della nostra Carovana, abbiamo verificato, sul campo, che
le politiche di “accoglienza” in atto nel nostro paese sono, nel migliore dei casi,
insufficienti e, assai più spesso, vergognose. Non è questa l’occasione per svolgere
una dettagliata analisi di questi aspetti, ma vogliamo fornire alcuni spunti di
riflessione. L’operazione Mare Nostrum, che ha indubbiamente contribuito a
salvare molte migliaia di esseri umani durante la traversata del Mediterraneo, è
stata sostituita l’anno scorso da Triton, operazione di pattugliamento delle coste
gestita da Frontex, l’Agenzia Europea per il controllo delle frontiere. La differenza è
abissale: mentre Mare Nostrum operava in acque internazionali spingendosi sino
ai confini delle acque territoriali dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo,
Triton ha un raggio d’azione di trenta miglia marine, cioè, sostanzialmente, il
limite delle nostre acque territoriali. Ciò ne stravolge la natura, trasformandola da
operazione di soccorso umanitario ad operazione di controllo orientata al
respingimento e con caratteri militari. Ciò significa che il soccorso in mare aperto
verrà operato solo da coloro che già prima lo facevano affiancati, allora, dai mezzi
della nostra Marina, cioè i pescherecci ed i mercantili. E’ prevedibile che la prima
conseguenza sarà l’aumento delle morti in quello che oramai possiamo
tranquillamente chiamare “Mare Mortum”. Ma, come vedremo nel caso USA-
Messico, non sono certo i provvedimenti repressivi che possono fermare un
fenomeno che sta dentro un processo storico assolutamente inarrestabile.
Rendono “solo” più rischioso il viaggio. All’interno di questa riflessione, risulta
ovvia la necessità di un cambiamento radicale delle politiche europee
sull’immigrazione e sorge inevitabile la considerazione sull’Europa come puro
coacervo di interessi economico-finanziari, assolutamente incapace di recuperare
quello che, una volta, si sarebbe chiamato “il primato della politica”.
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