Per una politica europea di asilo, accoglienza e immigrazione
donne per avviarle al mercato della prostituzione, all’assassinio di decine di
migranti che non hanno parenti in grado di pagare il riscatto, al lavoro schiavistico
per impresari locali legati alla criminalità, al reclutamento nella bassa
manovalanza della criminalità fino a sospetti fondati che riguardano il traffico
d’organi di cui sembrerebbe oggetto privilegiato la grande quantità di minori in
viaggio non accompagnati. Tutto ciò accade sia in Centro America che in Messico,
talvolta con la complicità e talvolta con la partecipazione diretta delle differenti
corporazioni poliziesche. L’irrigidimento dei controlli alla frontiera tra Guatemala
e Messico e la politica dei respingimenti praticata dal governo di Peña Nieto non
fanno altro che incrementare il fenomeno. Infine, i migranti messicani provengono
soprattutto dagli stati a prevalente economia agricola, pesantemente impoveriti
nell’agricoltura locale da accordi come il NAFTA e dai suburbi delle grandi
concentrazioni urbane: l’allargamento del fenomeno ad altre aree del Messico è
dovuto soprattutto all’aumento esponenziale della violenza ed al numero crescente
di vittime civili totalmente estranee alle organizzazioni criminali.
All’interno di questo quadro, non possiamo non segnalare che in Messico
continua e si aggrava l’impunità praticamente totale nei confronti dei cartelli del
narcotraffico e delle corporazioni di polizia corrotte ed in combutta con le
organizzazioni criminali. Sono stimati, solo negli ultimi 3 anni, in circa 24000 i
morti negli scontri tra cartelli e tra questi ultimi e polizia federale ed esercito. Tra
questi, moltissimi civili, vittime spesso della criminalità organizzata, ma molte
volte anche delle corporazioni poliziesche e dell’esercito. La già citata vicenda dei
43 studenti di Ayotzinapa è solo la punta dell’iceberg. Continua vergognosamente e
nella più totale impunità il fenomeno del femminicidio, con epicentro a Ciudad
Júarez e diffusione nello stato di Chihuahua e lungo la frontiera nord. Su questo
fenomeno lavoriamo da molti anni costruendo rapporti con le organizzazioni per la
difesa dei diritti umani in Messico e nel nostro paese ed abbiamo coinvolto le
istituzioni locali e regionali in percorsi di protezione degli attivisti dei diritti umani
che lavorano in loco.
Nel paese, intanto, continuano le sparizioni. Nel libro del giornalista italiano
Federico Mastrogiovanni “Ni vivos ni muertos” uscito nel 2014 in Messico per
Grijalbo, si denuncia che dal 2006 al 2012 gli scomparsi in Messico ammontano ad
almeno 27000. Sono líder comunitari, sindacalisti, attivisti dei diritti umani,
giornalisti, migranti, giovani ma anche persone comuni che si trovano nel posto
sbagliato al momento sbagliato. Riportiamo alcuni passi significativi: “
Ci siamo resi
conto, analizzando in profondità il fenomeno, c
he certe pratiche sono legate a
luoghi dov'è forte la presenza di risorse naturali.
Ad esempio, alla Cuenca de
Burgos, territorio tra gli Stati di Tamaulipas, Nuevo León e Coahuila, nel Nord-est,
dove ci sono importanti riserve di
idrocarburi
e dove, dal 2007 in poi, le sparizioni
hanno conosciuto una crescita verticale
”, ed ancora: “
Zone importanti
strategicamente, come la Cuenca de Burgos o il Golfo di Veracruz (Nuevo Leon,
Tamaulipas, Tabasco, Veracruz), le più ricche di riserve di petrolio e gas, sono sotto il
controllo totale di un gruppo paramilitare. Eppure, durante gli anni del sessennio di
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