Per una politica europea di asilo, accoglienza e immigrazione - page 41

Per una politica europea di asilo, accoglienza e immigrazione
sia per la trasformazione della nostra società, con l’incontro di culture diverse che
si mescolano e si modificano reciprocamente.
Accanto alla dimensione personale della mediazione interculturale c’è quella
collettiva: ossia quella dei gruppi e delle associazioni in cui gli immigrati sono in
grado di esprimere capacità di confronto con gli altri gruppi, per lo sviluppo di
progettualità.
Le finalità dei processi di mediazione interculturale sono:
• rimuovere gli ostacoli culturali che impediscono e intralciano la
comunicazione tra i servizi/istituzioni italiani e utenza straniera;
• promuovere un più esteso e razionale utilizzo dei servizi e delle istituzioni
italiane da parte dell’utenza straniera;
• migliorare la qualità e l’adeguamento delle prestazioni offerte dai servizi
italiani all’utenza straniera;
• favorire l’integrazione sociale della popolazione immigrata nella comunità
locale, a livello regionale e nazionale, nei servizi sociali, nelle istituzioni
scolastiche e culturali, nel settore della sanità e del mondo del lavoro;
• promuovere azioni di sostegno culturale alla mediazione sociale nelle
situazioni di conflitto tra le comunità immigrate e le istituzioni italiane;
• individuare opportunità e percorsi positivi di prevenzione e superamento
dei conflitti.
Quindi, formalmente, possiamo confermare che la mediazione interculturale
è già consolidata nei servizi in Italia, nel nord molto più che nel sud, e che ci sono
ancora in corso azioni e sforzi a livello nazionale e ai livelli locali per delimitare i
suoi compiti e consolidare il suo profilo professionale. Si può considerare oggi che
la fase di genesi è completata e che occorre adesso procedere alla fase di
consolidamento. Però, esistono degli ostacoli nuovi, il primo dei quali è la crisi
economica che ha spinto le amministrazioni a ridurre le spese nel sociale e nella
sanità; trattandosi di operatori stranieri con contratti occasionali o di consulenza
professionale o affiliati a cooperative sociale e associazioni, sono stati i primi nella
lista delle spese ridotte o addirittura cancellate in tanti servizi. Oggi, si assiste al
fallimento economico di tutte le cooperative e associazioni che i mediatori
interculturali hanno creato all'inizio degli anni ’90 a Torino, e all'apparizione di
cooperative nuove, o che non hanno mai gestito la mediazione interculturale o i
servizi per l’immigrazione, che riescono a vincere appalti contribuendo
all’abbassamento della qualità di questa professione nei servizi e del potere
contrattuale ed economico dei mediatori interculturali.
Un secondo problema che considero derivante dall'assenza di un albo dei
mediatori interculturali e della loro deontologia professionale, consiste nella
nascita di numerosi corsi professionali e universitari che usano la stessa
denominazione, senza avere nessun riferimento con le esperienze già maturate in
diverse regioni d’Italia, sapendo che i requisiti amministrativi per iscriversi alle
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