Per una politica europea di asilo, accoglienza e immigrazione
forza lavoro, i legami storici tra i paesi di origine e di destinazione e le reti create
nei paesi di destinazione
1
.
Il secondo problema è dato dalle scelte politiche dei singoli paesi europei, da
sempre riluttanti a rinunciare alla propria sovranità in questo settore, anche a
fronte di un fenomeno che si configura come globale, e pertanto non più gestibile
secondo la logica dei vecchi confini nazionali. Questo spiega perché la Convenzione
di Schengen, che ha improntato le successive politiche europee dell’immigrazione,
sia nata al di fuori dell’ambito istituzionale comunitario. Lo spazio Schengen si
basa infatti su un trattato internazionale, condiviso inizialmente da cinque paesi
europei nel 1985, a cui hanno progressivamente aderito alcuni, ma non tutti, i
paesi europei e altri paesi non europei.
Per poter parlare di competenza comunitaria sulla materia bisogna attendere
fino agli anni novanta: il primo passo viene compiuto nel 1992 con la firma del
Trattato di Maastricht, che riconosce l’immigrazione tra le “questioni di interesse
comune”, inserendola nel “terzo pilastro”. Ma il passaggio fondamentale avviene
con l’adozione del Trattato di Amsterdam nel 1997, che “comunitarizza” la politica
dell’immigrazione, integrando il sistema Schengen nel quadro legislativo
dell’Unione europea.
Le politiche dei visti, dell’asilo e dell’immigrazione, che prima erano trattate a
livello intergovernativo, sono ora condivise a livello europeo. Le decisioni sulla
materia sono adottate, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel
dicembre 2009, secondo la procedura legislativa ordinaria della codecisione, il che
rende il Parlamento europeo colegislatore su un piano di parità con il Consiglio.
Oggi le politiche europee dell’immigrazione si inquadrano nella cosiddetta
“Area di
libertà
, sicurezza e giustizia”
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, conformemente a quanto stabilito nella
parte terza, titolo V del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)
3
.
In seno alla Commissione europea, la politica dell’immigrazione compete alla
direzione generale degli Affari interni.
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Secondo i dati ufficiali più recenti, nel 2011 le comunità straniere più numerose nell’Unione europea
erano costituite dai rumeni (residenti in un altro Stato membro dell’UE) e dai turchi, che contavano
ciascuna 2,3 milioni di cittadini residenti nell’Ue, pari ognuna al 7,0 % del totale di stranieri residenti
nell’Ue nel 2011. La terza comunità più numerosa era quella marocchina (1,9 milioni di individui, ossia il
5,7 % del totale degli stranieri). Il gruppo di stranieri residenti nell’Ue che ha registrato l’aumento più
significativo nel periodo tra il 2001 e il 2011 è quello dei rumeni, il cui numero è cresciuto di quasi otto
volte passando da 0,3 milioni nel 2001 a 2,3 milioni nel 2011. Anche il numero di polacchi e di cinesi è
aumentato in misura rilevante durante questo periodo e nel 2011 i cittadini di Polonia e Cina
rientravano tra le dieci comunità straniere più numerose. Cfr. Eurostat,
Migration and migrant
population statistics
cit.
2
Il corsivo è mio.
3
Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), insieme al Trattato sull’Unione europea
(TUE), così come modificati dal trattato di Lisbona firmato nel 2007 ed entrato in vigore il 1 dicembre
2009, costituiscono la fonte primaria del diritto comunitario. Link alla versione consolidata TUE e TFUE:
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