Per una politica europea di asilo, accoglienza e immigrazione
erogazione dei servizi di istruzione di base e superiore e di preparazione
professionale, offre il ritorno della formazione di una potenziale futura classe
dirigente per i paesi di origine in presenza di possibili rientri, soprattutto tra gli
attuali richiedenti asilo politico, a seguito dei processi di stabilizzazione UE. Classe
dirigente certamente disponibile a valorizzare i legami con l’ex paese ospite. Va infine
aggiunto che il servizio civile europeo potrebbe intervenire anche nella
Cooperazione
allo sviluppo
e nelle missioni umanitarie all’estero e di
State building
organizzate
dall’UE sotto mandato ONU
.
3)
I LIMITI DELLA POLITICA NAZIONALE NEL CASO ITALIANO
La politica italiana dell’immigrazione, regolata dalla legge Bossi-Fini (legge n.189/2002),
si distingue per una particolare asprezza delle norme dirette a tutelare la sicurezza interna
nei confronti delle infiltrazioni criminali e terroristiche a scapito del riconoscimento dei
diritti fondamentali della persona e del dovere di protezione. Essa va riformata perché di
per sé costituisce una violazione dei diritti umani. L’Italia ha respinto o espulso migranti
che avevano diritto ad essere accolti perché perseguitati in patria; pescatori che hanno
soccorso i naufraghi sono stati processati e condannati per favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina; nei Centri di identificazione ed espulsione (CIE) sono
detenute persone che non hanno commesso alcun reato e nei confronti delle quali sono
state spesso denunciate violazioni delle norme umanitarie. Più in generale, l’intera
amministrazione dei fenomeni migratori vede una prevalenza degli organi di controllo
(Prefetture e Questure), che sono espressione del potere centrale dello Stato, sugli Enti
locali con il risultato di limitarne fortemente la capacità di intervento. Questa situazione è
molto problematica in quanto proprio sugli Enti locali ricadono correntemente gli effetti
della “seconda accoglienza”, dei “percorsi di tutela umanitaria” per i rifugiati e
dell’integrazione sociale dei migranti. Inoltre, l’assunzione di logiche di controllo, come
criterio di gestione dei fenomeni migratori, limita lo “spazio politico” per l’elaborazione di
prassi di accoglienza e di integrazione. Va aggiunto, in relazione al carattere strutturale
ormai assunto dalle “migrazioni forzate” in ambito Mediterraneo, che i provvedimenti
nazionali in merito ad accoglienza ed asilo debbono assumere carattere ordinario, nel
quadro di una rinnovata politica europea per l’immigrazione, e superare il carattere
“emergenziale”
1
che ne affida la gestione agli organi di controllo della sicurezza dello Stato.
Essi debbono entrare a far parte dei servizi normalmente dovuti dagli Enti locali alla
cittadinanza possibilmente anche con il riconoscimento pieno della loro sfera di
autonomia locale amministrativa e finanziaria nell’ambito della prevista riforma
dell’articolazione della Repubblica (vedi Titolo V della Costituzione nazionale e
realizzazione del federalismo interno).
Alla luce di questo, è necessario:
1.
Procedere a una rielaborazione del complesso normativo in materia di
migrazioni e asilo nel quadro di una complessiva “politica dei diritti”,
conforme ai principi della “Carta dei diritti fondamentali dell’UE”
e alle Carte
internazionali a cui essa si richiama.
1
Vedi caso “Emergenza Nord Africa” , dichiarata tale dal Consiglio dei Ministri (Governo Berlusconi IV)
del 12 febbraio 2011 che stanziava 1 miliardo e 300 milioni di euro per progetti di accoglienza in
scadenza al 31 dicembre 2012, che non sarebbero stati rifinanziati a fronte di una palese necessità di
prosecuzione.
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