Per una politica europea di asilo, accoglienza e immigrazione
istituzionale –secondo una prospettiva che abbandoni il carattere “emergenziale” a
favore di una strategia di sviluppo fondata sulla sostenibilità nel lungo periodo. Tale
prospettiva si inserisce nel programma
New Deal for Fragile States
, formulato
dall’
International Dialogue on Peace Building and State Building
(IDPS) e sottoscritto
dall’UE a Busan (2011) nel corso
dell’OECD High Level Forum for Aid Effectiveness
.
Imperniato sul principio della “partnership”, tale programma consente ai Paesi che
ricevono aiuti internazionali di collaborare con i donatori alla fase di elaborazione dei
progetti di sviluppo e di mantenere la titolarità dell’implementazione degli stessi, al
fine di garantirne una maggiore efficacia ed al contempo di consentire lo sviluppo di
autonome strutture di amministrazione politica ed economica a livello nazionale e di
evitare il rischio di incentivare la dipendenza dagli aiuti esterni. In particolare, in
questo processo viene sottolineato il protagonismo che le
CSOs
(
Civil Society
Organisations
) devono ricoprire, in modo che co-progettazione e risultati coinvolgano
tutte le espressioni democratiche della popolazione, e non solo gli organi istituzionali
e di governo. In questo contesto, risulta di notevole rilievo la valorizzazione delle
diaspore (espresse nelle CSOs) il cui ruolo potrebbe assumere una centralità politica
nelle azioni di
State building
comprese nei progetti di cooperazione.
Intervenire nelle aree sensibili del Medio Oriente e dell’Africa
, per la
realizzazione di interventi di stabilizzazione rivolti a favorirne l’emancipazione
politica democratica, lo sviluppo economico, l’evoluzione sociale e civile, la pace. Il
bacino mediterraneo soffre per le mancate risposte alla primavera araba, per l’annoso
conflitto israelo–palestinese, per lo scontro di potere regionale tra Iran e monarchie
del Golfo che coinvolge la Siria e la sua guerra civile, per i conflitti tra clan rivali in
Libia ed è punto critico di transito di migrazioni di più lontana provenienza con
origini in Afghanistan, Corno d’Africa, Sahel, Nigeria. L’UE deve farsi promotrice,
attrice e garante di una
Comunità euro mediterranea
sorretta da organismi di dialogo
e di governo sovranazionali
1
sia per lo sviluppo economico che per interventi
umanitari e di
State building
in modo da offrire il quadro per una
cooperazione allo
sviluppo
coinvolgente sia la società civile europea, attraverso le Organizzazioni non
governative, che gli Enti locali disponibili ad impegnarsi nelle strutture comunitarie di
base. Il primo passo verso questo obiettivo potrebbe essere la convocazione di una
Conferenza per la sicurezza e la cooperazione nel Mediterraneo
, secondo il modello
della
Conferenza di Helsinki
del 1975 che impresse un nuovo corso alle relazioni Est-
Ovest. Potrebbe essere organizzata a Gerusalemme, città simbolo e chiave dei conflitti
della regione che coinvolgono tre continenti. L’intervento sarebbe diretto a creare una
cintura di sicurezza nell’area mediterranea “allargata”, contenere quei fenomeni
migratori che sottraggono energie vitali alle economie locali, contribuire alla
formazione di classi dirigenti autoctone responsabili, mettere in moto un meccanismo
comune di sviluppo economico sostenibile sul piano ambientale e sociale (vedi la
costituzione di Agenzie sovranazionali di bacino per lo sfruttamento delle risorse
1
L’opportunità sarebbe offerta dal rafforzamento della già esistente Unione per il Mediterraneo,
istituita a
l 13 luglio
Le sue priorità sono la cooperazione tra le due sponde mediterranee, la
risoluzione delle problematiche relative all'immigrazione dai paesi meridionali verso quelli
settentrionali, la lotta al terrorismo, il conflitto israelo-palestinese, la tutela del patrimonio ecologico
mediterraneo.
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